Benessere

Psicologia, le sei emozioni universali: quali sono e a cosa servono

Alcune emozioni sono presenti fin dalla nascita in tutte le culture umane e svolgono una funzione essenziale alla nostra sopravvivenza

ragazza, ansia
Foto di Mahbub Hasan da Pixabay

Lo psicologo Paul Ekman ha elaborato la più nota delle teorie sulle emozioni che individua sei emozioni fondamentali, dette primarie o di base, che sono universalmente presenti in tutte le culture umane e sono innate e da cui poi derivano, per combinazione, anche le più complesse emozioni secondarie, che compaiono in età successive e che risentono maggiormente delle differenze culturali.

Vediamo quali sono le emozioni primarie e quale importante funzione svolgono nel nostro equilibrio psichico e fisico.

La gioia, l’emozione che ci motiva a fare

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

La gioia è uno stato di appagamento, benessere e piacere in risposta ad un evento a cui diamo un valore affettivo ed è generalmente correlata alla soddisfazione di un bisogno o al raggiungimento di un obiettivo. A livello fisiologico, corrisponde alla secrezione di sostanze come serotonina ed endorfine. Questo senso di soddisfazione aumenta la percezione di autoefficacia e la voglia di fare, produce uno stato di attivazione e ci dà energia, spingendoci verso nuovi obiettivi e nuove azioni.

La gioia fa aumentare anche la fiducia in noi stessi e nella nostra capacità di affrontare le difficoltà e compensa altre emozioni sgradevoli, aiutandoci a tollerarle e gestirle meglio. La gioia aumenta la capacità di risolvere i problemi, l’attenzione, la creatività, la motivazione; ci fa percepire meno la fatica, migliora la nostra salute e ci fa vivere più a lungo. La gioia promuove anche la socialità: ci fa adattare meglio nelle relazioni con gli altri, crea un ambiente gradevole, incoraggia gli altri a mostrare un comportamento positivo.

La tristezza, uno spazio per riflettere

La tristezza è l’emozione che si attiva nelle situazioni che ci fanno soffrire come perdite, fallimenti, delusioni, cambiamenti che comportano la fine di qualcosa di importante. Quando siamo tristi tendiamo a chiuderci in noi stessi e a essere meno attivi, agevolando l’introspezione e la riflessione su temi esistenziali importanti.

Sentirci tristi dopo un fallimento ci permette di rivedere quell’esperienza, riflettere sugli errori fatti e trarne insegnamento. La tristezza ci segnala le situazioni che possono procurarci sofferenza, da cui faremmo bene ad allontanarci, o al contrario ci fa mettere a fuoco quello che ci manca, che vorremmo. Se qualcuno ci tratta male o ci ferisce, sperimentare la tristezza ci aiuta a valutare l’opportunità di quella relazione, a sottrarci a situazioni dannose, a proteggerci. Se proviamo il malessere della tristezza in risposta a situazioni della nostra vita, siamo anche spinti a cambiarle, ad attivarci per ottenere condizioni migliori.

La tristezza fa anche avvicinare gli altri. Se abbiamo uno sguardo triste, se piangiamo, è probabile che le persone intorno a noi (i familiari, il partner, gli amici, ma a volte anche gli estranei) si attivino per portarci aiuto e conforto. È quindi un mezzo molto potente per ottenere supporto sociale, che a sua volta è una risorsa molto utile per affrontare gli stress.

La rabbia, energia per difendere i nostri diritti

La rabbia è un segnale fondamentale che avverte che qualcosa non va, che i nostri diritti sono violati e i nostri bisogni disattesi; segnala insoddisfazione, necessità di un cambiamento. 

La rabbia nasce tipicamente quando siamo frustrati o costretti a qualcosa che non vogliamo, trattati male, abbandonati, traditi, delusi, attaccati, criticati. Ascoltare la nostra rabbia ci fa conoscere i nostri bisogni e valori e ci permette di avere relazioni più autentiche, se la usiamo per un dialogo interiore in cui ci domandiamo cosa ci ha colpito, se l’altro ci ha ferito intenzionalmente o meno, cosa possiamo fare per cambiare la situazione.

È salutare se cerchiamo di capire cosa non va e facciamo qualcosa per cambiare, facciamo valere le nostre ragioni. Ci sprona a reagire, ad affermare i nostri valori, è una bussola che indica sempre in che direzione andare. È un motore che ci dà la forza di agire: non a caso a livello fisiologico fa aumentare battito cardiaco, respirazione, afflusso di sangue, tono muscolare.

La paura, un’alleanza preziosa

La paura è l’emozione che proviamo in presenza di un pericolo immediato, mentre quando temiamo qualcosa che potrà verificarsi in futuro parliamo più propriamente di ansia, in cui il pericolo non è ancora attuale ma viene anticipato e che presenta una complessità maggiore, rientrando pertanto nelle emozioni secondarie. 

Paura e ansia ci mettono nella condizione di proteggerci, di evitare un pericolo, di scappare, di reagire. I correlati fisici della paura, come l’accelerazione del battito cardiaco e della frequenza respiratoria, hanno proprio la funzione di preparare il corpo a reagire di fronte a una minaccia. Anche la reazione di paralisi che può accompagnarsi alla paura può avere una funzione adattiva (ad esempio, permette di non fare movimenti bruschi che potrebbero portare un animale ad attaccarci). L’ansia, a un livello moderato e non eccessivo, è utile perché porta ad adottare comportamenti vantaggiosi: se abbiamo ansia per un esame, questa ci induce a prepararci adeguatamente; se abbiamo ansia per la nostra salute, questa ci spinge ad avere uno stile di vita sano.

Il disgusto: proteggerci da qualcosa di nocivo

Il disgusto è l’emozione della repulsione e del rifiuto e ha la funzione di tenerci lontani da qualcosa che potrebbe danneggiarci. Anche l’espressione facciale del disgusto serve a proteggerci da agenti fisicamente nocivi perché permette di occludere parzialmente o totalmente occhi, naso e bocca, così come i gesti di allontanamento quali il voltare la testa e il chiudere il corpo.

Secondo Ekman c’è anche una variante sociale del disgusto che viene più precisamente identificata con il termine “disprezzo”, che si sviluppa successivamente e che rientra più propriamente tra le emozioni secondarie.  Mentre il disgusto riguarda qualcosa di fisico come un odore o un sapore, il disprezzo è relativo a un’idea che non ci piace o disapproviamo.

La sorpresa: cogliere al volo ogni cambiamento

La sorpresa è la base di tutte le altre emozioni: è la più breve perché dura solo qualche secondo, ma da lì il cervello inizia l’analisi dell’evento da cui dipenderanno le emozioni successive di gioia o tristezza, rabbia o paura, a seconda dell’interpretazione che viene data all’evento stesso. Il nostro cervello è naturalmente programmato per sorprendersi ed è attratto dalle sorprese. 

La novità è l’elemento base della sorpresa, è uno stimolo che cattura la nostra attenzione e ci colpisce a livello percettivo. Perché tanto interesse per le novità? L’ipotesi è che questa abilità abbia origini antiche, nella necessità dell’uomo primitivo di cogliere e comprendere subito ogni elemento inaspettato e sconosciuto che potesse rappresentare un pericolo da cui scappare o un’opportunità da cogliere a proprio favore.

Anche l’espressione facciale che accompagna l’emozione della sorpresa, con gli occhi e la bocca spalancati, ha la funzione di ampliare il campo visivo e di far entrare più aria e ossigeno per agire.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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