“La speranza è una strana invenzione un brevetto del cuore nel suo moto continuo mai si consuma…” (Emily Dickinson)
Etimologicamente “tendere verso una meta”, la speranza è una dimensione esistenziale che riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo della persona e nella sua realizzazione, coinvolgendo i desideri, i sogni, le aspirazioni e le aspettative.
La speranza non è sempre stata considerata unicamente in senso positivo, emerge piuttosto nel corso delle epoche storiche una visione ambivalente. Nel mondo greco la speranza era un male inviato sulla terra dagli dei come dono ingannevole per punire gli umani, un’illusione da non coltivare. Per i Cristiani è un dono divino che ha a che fare con la fiducia nei confronti di Dio e del suo operato e rappresenta una virtù che conferisce gioia e forza. Dalla metà del ‘900 la speranza si è caratterizzata come la motivazione che porta a raggiungere gli obiettivi, a realizzare i propri sogni, a impegnarsi per il loro raggiungimento. D’altra parte, è stata anche interpretata come un semplicistico aspettare che le cose vadano meglio senza impegnarsi attivamente. Se prima il concetto di speranza apparteneva all’ambito della filosofia e della teologia, a partire dal ‘900 diventa oggetto di studio della psicologia.
In psicologia, il concetto di speranza riveste prevalentemente una connotazione positiva: è un’emozione che attiva per raggiungere una finalità, in contrapposizione con la paura che paralizza o allontana dall’obiettivo (O.H. Mowrer); è una forza che permette l’intero sviluppo della persona, si forma nell’interazione del bambino con le figure che se ne prendono cura e che rispondono adeguatamente ai suoi bisogni e permette di affrontare le esperienze di sofferenza e difficoltà (E. Erikson). La speranza è definita anche come “l’aspettativa di successo nel raggiungimento di una finalità” (E. Stotland), tuttavia avere speranza non significa assenza di emozioni spiacevoli, ma una prevalenza delle emozioni positive su quelle negative.
à-La speranza si differenzia anche da un’aspettativa positiva perché implica il confronto con una limitazione del proprio controllo, con una maggior incertezza e con una più alta probabilità che l’esito desiderato non si verifichi. Mentre l’aspettativa positiva non confermata porta a delusione e senso di perdita, la speranza risente meno dell’eventuale fallimento perché, appunto, lo mette maggiormente in conto. La speranza viene anche distinta dall’ottimismo, in quanto l’ottimismo consiste nell’aspettarsi che le cose vadano bene in generale, anche per fattori esterni a sé o perché si valuta che sia altamente probabile che vadano bene, mentre la speranza si fonda sul senso della propria autoefficacia.
La teoria sulla speranza più completa elaborata finora in psicologia è quella dello psicologo statunitense C.R. Snyder. Per Snyder la speranza è una spinta motivazionale, costituita sia da un’energia mentale che da percorsi cognitivi per raggiungere il fine desiderato. La speranza non è uno stato acquisito una volta per tutte ma deve essere coltivata e dipende da un’immagine positiva di sé: per avere speranza, occorre pensare a sé stessi come in grado di produrre sia l’energia mentale che le strategie mentali, occorre avere fiducia in sé stessi e negli altri, così da poter provare un senso di fiducia nell’esito positivo delle proprie azioni e percepirsi in grado di influenzare gli eventi. Avere speranza significa anche essere creativi, non scoraggiarsi di fronte a un impedimento e alla sofferenza ma escogitare alternative. La speranza non consiste perciò in una posizione passiva di attesa, ma al contrario corrisponde alla consapevolezza delle proprie potenzialità e all’attivarsi per metterle in campo e comporta un costante e profondo lavoro su di sé. Costituisce insomma una sorta di carburante che spinge ad agire.
La speranza ha un ruolo centrale nel favorire l’adattamento in situazioni avverse: è correlata a un miglior funzionamento psicosociale, a una maggiore resistenza allo stress, a una maggiore soddisfazione per la propria vita, a un miglior supporto sociale, a un miglior adattamento alla malattia, a un miglior superamento degli eventi traumatici, a una minor percezione del dolore fisico. La mancanza di speranza è al contrario correlata a depressione.
Cosa alimenta la speranza? Pensiamo a una situazione di malattia, ma non solo. Cosa permette di provare speranza e di favorirla negli altri quando vogliamo incoraggiarli e sostenerli? Ecco i fattori principali:
-avere relazioni buone e affettuose;
-percepire di non essere abbandonati e isolati;
-sapere di poter contare su un aiuto in caso di necessità;
-percepire di avere una qualche forma di controllo (dal poter decidere in autonomia, al poter controllare il dolore fisico, all’adottare uno stile di vite salutare);
-saper cogliere gli aspetti concreti della situazione che permettono di essere fiduciosi e sottolinearli (piuttosto che un generico e inutile “Vedrai che andrà tutto bene”);
-poter comunicare con gli altri, essere ascoltati e compresi;
-poter esprimere le proprie volontà e sistemare questioni in sospeso;
-proporsi degli obiettivi realistici e provare anche a vivere giorno per giorno;
-sentire di padroneggiare le proprie emozioni;
-coltivare la gratitudine verso gli aspetti positivi, anche se minuscoli;
-coltivare una vita spirituale (non necessariamente una fede religiosa, ma una riflessione sugli aspetti non puramente materiali dell’esistenza).
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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