Anni fa regalai un libro a una persona per il suo compleanno. Lo avevo anche io, mi era piaciuto e così ne acquistai un altro per regalarglielo. Il Natale successivo la stessa persona si presentò con un pacchetto che per forma e dimensioni assomigliava in modo sospetto al mio libro… e infatti era proprio lui, con tanto di dedica che avevo scritto con tanta cura! E così, oltre al disappunto del ricevere il mio dono riciclato, mi ritrovai pure con due libri uguali.
Questo è un esempio di riciclo estremamente maldestro: anche un riciclatore-livello base sa che occorre controllare che non ci siano dediche e biglietti, nessun dettaglio personale, e soprattutto sa che deve evitare l’errore più temuto e imbarazzante: che l’oggetto riciclato finisca proprio nelle mani di chi l’aveva donato.
Se per il galateo il riciclo dei regali resta un comportamento inaccettabile che denota scortesia e maleducazione, nell’uso comune invece questa pratica non rappresenta più un tabù sociale come in passato ma si è guadagnata progressivamente sempre maggiori consensi.
Un italiano su quattro ricicla i regali ricevuti a Natale, regalandoli ad altri oppure vendendoli, o dandoli in beneficenza. Ci sono app e siti dedicati, eventi organizzati dopo le feste per scambiare con altri i doni non graditi, riunioni goliardiche tra amici per piazzare i regali più brutti ricevuti.
All’estero il “regifting” è una pratica più diffusa e accettata come normale e il termine è stato importato e si sta diffondendo anche da noi, come se usare un’espressione anglosassone possa contribuire a nobilitare il riciclo, ancora percepito in Italia come una furbata da camuffare.
Quanto alla tipologia, profumi, sciarpe, cravatte e maglioni sono in testa alla classifica dei regali più riciclati. Tra le fasce di età, i più giovani sono quelli che riciclano con più facilità.
Uno studio (G. Adams et al, 2012) ha indagato la percezione del riciclo dei regali, sia dal punto di vista del donatore che dal punto di vita del riciclatore. I partecipanti erano divisi in due ruoli, i donatori e i riceventi riciclatori. Veniva loro chiesto di immaginare di donare/ricevere in regalo un orologio, e poi immaginare che il ricevente avesse riciclato il regalo donandolo a un amico o lo avesse gettato nella spazzatura. Interrogati su cosa ne pensassero, i riceventi riciclatori si vergognavano considerando il proprio comportamento una mancanza di rispetto, mentre i donatori consideravano accettabile il riciclo e non lo giudicavano.
Emerge quindi da parte del donatore una reazione meno negativa e più flessibile di quella che ci si aspetterebbe. Secondo i donatori, infatti, chi riceve il regalo ne diventa proprietario e ha il diritto di farne ciò che desidera. Inoltre, è meno sgradevole per loro immaginare che il regalo non gradito venga riciclato piuttosto che buttato o non usato e rende più accettabile il fatto che il regalo non sia piaciuto. I riciclatori dello studio, invece, non vedevano il riciclo come una scelta migliore e più accettabile del gettare via o mettere da parte il dono non gradito, manifestando una maggiore difficoltà a rompere questo tabù sociale.
Quali possono essere gli aspetti positivi del riciclo dei regali? Secondo i sostenitori del regifting, il riciclo:
– permette di far arrivare i doni a chi veramente saprà goderne;
– dà la possibilità a un oggetto che per noi è brutto o inutile, di essere apprezzato da altri e avere così nuova vita;
– mette in primo piano la scelta del regalo azzeccato per quella persona, piuttosto che il denaro speso. Spesso il primo criterio per valutare un regalo è quanto ha speso chi lo ha fatto, e la maggior parte delle persone ammette di spendere per un regalo in proporzione all’importanza che dà alla relazione, mentre a guidare la scelta di un regalo dovrebbe essere un altro criterio, ovvero quanto sia adatto al destinatario, vicino ai suoi gusti e desideri. Il regalo perfetto non è infatti quello più costoso, ma quello dato con affetto e pensato appositamente per quella persona con le sue caratteristiche;
– è una scelta sostenibile e un comportamento virtuoso, evita di accumulare oggetti inutili, riempire spazi che si potrebbero usare per altri scopi; combatte lo spreco, è ecologico perché permette di ridurre e riusare;
– è una scelta eticamente virtuosa, in un periodo di crisi economica. Permette anche a chi è in difficoltà economica di non presentarsi a mani vuote;
– significa rispettare il senso e il valore delle cose dando loro la collocazione più idonea.
Nello studio citato, si esaminava la percezione che del riciclo hanno il donatore del regalo e il ricevente che lo ricicla, ma non veniva preso in considerazione il punto di vista del personaggio principale: l’ignaro ricevente finale a cui viene rifilato il dono non gradito.
Qual è la percezione che ne ha il destinatario di ripiego, quello finale che riceve il regalo riciclato e scopre che si tratta di un riciclo? Se negli Stati Uniti l’83% di chi riceve un regalo di seconda mano non si offende, da noi il riciclo è ancora tabù. Chi riceve il regalo riciclato e se ne accorge, nella maggior parte dei casi ha una reazione negativa. Ci aspettiamo di essere considerati unici dalle persone più care, ci aspettiamo che il loro dono sia fatto pensando a noi e scegliendolo con cura. Se riceviamo un riciclo ci sentiamo svalutati, non abbastanza importanti: pensiamo che ci rifilano qualcosa che hanno già perché non hanno tempo né denaro per pensare a noi.
Il termine più usato per descrivere la propria reazione da parte di chi si accorge che il dono è di seconda mano è “umiliazione”. La reazione peggiore riguarda quei casi in cui l’oggetto riciclato non rispecchia neanche i gusti e la personalità di chi lo riceve, palesando che il riciclo è stato fatto a caso, col solo scopo di piazzare un oggetto senza curarsi che possa piacere a chi lo riceve.
Il riciclo è invece percepito più positivamente se chi lo riceve riconosce che il dono è effettivamente perfetto per sé, anche se di seconda mano, e se il riciclatore dichiara serenamente che si tratta di un riciclo.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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