A casa mia, l’albero di Natale lo abbiamo sempre fatto il 22 dicembre, o persino il 23. Da bambina, non riuscivo a contemplare l’idea che altri potessero addobbarlo prima. La mia migliore amica lo preparava addirittura il 4 dicembre, cosa per me inconcepibile, una specie di sacrilegio. Finivamo pure per litigare, in spirito tutt’altro che natalizio, rivendicando che la data giusta era la nostra e accusandoci reciprocamente di non onorare l’importanza del Natale: «Non si fa così tardi, vuol dire che non te ne importa niente!», diceva lei, «Non si fa così presto, vuol dire che non te ne importa niente!», ribattevo io, convinta che le cose più belle e preziose dovessero per forza essere a disposizione solo per pochi giorni.
In effetti, pur essendo una delle usanze più comuni nel mondo, non c’è una data precisa per addobbare l’albero di Natale. Ognuno eredita le abitudini della propria famiglia, e poi decide di mantenerle oppure di cambiarle, in base a numerose variabili. In alcune famiglie l’albero è un’usanza meno importante rispetto al presepe, che ha un carattere maggiormente religioso, mentre in altre è irrinunciabile, e l’atteggiamento di ognuno è influenzato dal modo con cui la propria famiglia vive i rituali natalizi.
Nel nostro immaginario, l’albero di Natale richiama immediatamente scene della nostra infanzia, della festa, dei regali, dei pranzi e cene con familiari e parenti, una dimensione quindi fortemente relazionale. A dire il vero, però, da un punto di vista psicologico la simbologia dell’albero di Natale non ha tanto a che fare con la relazione e con i rapporti con gli altri, quanto con l’evoluzione dell’individuo, con la sua crescita e il suo rinnovamento personale.
L’albero di Natale, con le sue decorazioni e le luci scintillanti, si inserisce nel cuore dell’inverno, nel mese in cui il buio è più prolungato e il gelo o la neve ricoprono la terra, il periodo in cui la natura è addormentata, e rappresenta invece la luce, il rinnovamento della vita, la rinascita. Uno dei canti natalizi più famosi, “O tannenbaum” (“Oh albero”), canto popolare tedesco di inizio ‘800, celebra proprio l’abete e la caratteristica che lo rende così speciale e magico, ovvero la capacità di restare sempre verde mentre gli altri alberi perdono le foglie: “Tu sei verde non solo d’estate / No, anche in inverno quando nevica / Oh abete, oh abete / Il tuo vestito vuole insegnarmi qualcosa / La speranza e la costanza / Mi danno forza e coraggio in ogni momento”. L’albero di Natale simboleggia quindi la speranza, la perseveranza, la fiducia, la forza che possono sostenerci anche nei momenti più difficili.
Per lo psicoanalista C.G.Jung, l’albero di Natale è il simbolo del processo di individuazione, ovvero quel processo di crescita personale che porta ciascuno di noi a diventare una persona indipendente; simbolo di trasformazione e di autorealizzazione, “usanza che nutre l’anima, nutre l’uomo interiore”. L’albero di Natale, per Jung, non riguarda il nostro rapporto con gli altri, ma con noi stessi: il desiderio di ricercare chi siamo, di sviluppare la nostra parte spirituale, di avere una buona relazione con noi stessi. Realizzarci come individui autentici ed essere appagati da questo ci consente poi di instaurare buone relazioni anche con gli altri, ne costituisce anzi l’indispensabile premessa.
Lo sviluppo in verticale dell’abete, enfatizzato dall’usanza di mettere sulla sua cima un puntale, richiama il nostro bisogno di avvicinarci al divino e allo spirituale e fa dell’albero di Natale uno strumento di comunicazione tra cielo e terra. Da un punto di vista psicologico, rappresenta il salire a uno stadio superiore, avere una migliore conoscenza di noi stessi, affrontare le nostre difficoltà con uno sguardo più ampio, addivenire a una riappacificazione con noi stessi.
Uno studio dello psicoanalista S. McKeown sostiene che le persone che decorano l’albero di Natale (o il resto della casa) in anticipo sono più felici della media e vivono meglio le proprie emozioni. Vestire a festa l’abete e la casa fa riassaporare infatti l’entusiasmo di quando eravamo bambini, riconnette con quelle emozioni dell’infanzia, distraendo almeno per un momento dai problemi.
D’altra parte, proprio per la sua intensa connotazione emotiva, l’albero di Natale può anche muovere emozioni dolorose e ricordi tristi, e la scelta di portare avanti l’usanza o invece di interromperla per uno o più anni o per sempre, è fortemente soggettiva. In occasione di un lutto di una persona cara, ad esempio, alcuni evitano di addobbare l’albero, in segno di rispetto per il defunto, o perché il dolore non lascia spazio a nessun desiderio di festeggiare; altri, al contrario, fanno la scelta opposta e sentono di onorare la persona perduta proprio portando avanti un rituale che essa stessa amava e sentendola in questo modo più vicina.
Non c’è una scelta più giusta o sbagliata, ciò che conta è restare in contatto con le nostre emozioni e riconoscerci il diritto di fare quello che corrisponde al nostro sentire.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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