Allegria, calore, buoni sentimenti, piacevole compagnia: per la maggior parte delle persone il Natale è una festa attesa con gioia e un’occasione per rinsaldare i legami con le persone care. Molti si lasciano piacevolmente catturare dall’atmosfera magica, dalle luci, le musiche, gli addobbi e i tipici rituali che scandiscono il periodo natalizio. Tuttavia c’è una buona fetta della popolazione (circa il 18% degli italiani, secondo una recente indagine) che invece manifesta avversione, disprezzo e rifiuto per il Natale e tutto ciò che vi è connesso.
Per definire questa reazione di malessere e di vero odio per il Natale, si è diffusa nella stampa l’espressione “sindrome del Grinch”, anche se in psicologia non esiste ufficialmente come categoria diagnostica.
Perché sindrome del Grinch? Il nome deriva dal personaggio creato da Dr. Seuss e poi reso noto sul grande schermo dall’omonimo film: un essere brutto e spaventoso, verde e peloso, burbero e scostante, che vive solitario in una caverna, odia il Natale e cerca di spegnere lo spirito delle feste.
Lo stesso autore del racconto confessò di aver dato vita a questa creatura per esprimere il proprio personale rifiuto della festa e con la speranza di poter recuperare, confrontandosi con questi sentimenti, il perduto senso della magia del Natale.
La sindrome del Grinch si manifesta innanzitutto con rabbia, irritabilità, insofferenza, disappunto, a volte anche reazioni aggressive, fino al boicottaggio dei tentativi degli altri di festeggiare. Si prova una vera intolleranza verso gli altri che godono della festa e verso tutto ciò che simboleggia il Natale. Le manifestazioni di gioia collettiva sono percepite come fasulle, mentre le tradizioni appaiono solo come un forzato aderire a un diktat sociale.
Oltre alla rabbia, il rifiuto del Natale comprende anche tristezza, malinconia, ansia, angoscia, senso di solitudine e abbandono, stanchezza, insonnia, noia e indifferenza verso le manifestazioni della festa. Il Grinch si sente anche profondamente sbagliato e diverso rispetto a tutti gli altri che gioiscono del Natale e preferisce isolarsi ed evitare tutto ciò che lo infastidisce, anche perché viene effettivamente criticato per il suo atteggiamento.
Cosa c’è dietro l’avversione per il Natale? Possono incidere diversi fattori:
- la presenza di un disturbo dell’umore, in particolare di un Disordine Affettivo Stagionale. Secondo alcuni studiosi la sindrome del Grinch sarebbe una delle manifestazioni di questo disturbo dell’umore che si presenta con una cadenza stagionale ed è influenzato dalla quantità di luce solare disponibile e da altri fattore ambientali.
- La pressione sociale a comprare i regali, a partecipazione a pranzi e cene, a interagire con familiari e socializzare; l’eccessiva attenzione data agli aspetti materiali a discapito di quelli spirituali; il consumismo sfrenato collegato alle feste natalizie.
- Il ritmo forsennato della corsa ai regali e dei preparativi, lo stress dell’ultimo periodo dell’anno in cui si affollano scadenze e impegni.
- Ricordi dolorosi di vicende negative legate al Natale e di momenti difficili, o la mancanza di persone che non ci sono più, la cui assenza diventa ancora più palpabile.
- Tensioni familiari: conflitti e dissapori tra familiari e parenti si evidenziano ancora di più nel momento in cui dovrebbe celebrarsi l’unione familiare, pranzi e cene possono essere un banco di prova temuto e sgradito in cui dover obbligatoriamente interagire con persone indesiderate o in cui dover controllare che la tensione non esploda.
- Malessere dovuto a solitudine, malattie, difficoltà economiche, un periodo di crisi personale.
- Più tempo per riflettere. I giorni festivi e di vacanza sono meno costellati di impegni e possono portarci a riflettere maggiormente sulla nostra vita. Così percepiamo più del solito il tempo che passa, i rimpianti, le scelte sbagliate, ciò che non ci soddisfa.
I sentimenti negativi non vanno condannati né repressi, ma accettati e gestiti. Non bisogna sentirsi in colpa per le proprie emozioni, che emergono spontaneamente e in modo inevitabile, e non bisogna pensare di essere gli unici a sentirsi così.
Si può provare ad adattare le festività ai propri valori e ai propri ritmi e trovare un modo alternativo per trascorrerle, imparare ad esempio dire dei no, non costringersi a fare ciò che non piace solo perché “così si deve fare” o perché così si aspettano gli altri. Si può dire di no a un evento, all’acquisto di regali per tutti o costosi, senza che questo diventi necessariamente uno sgarbo a qualcuno, ci si può accordare per non scambiarsi doni o per limitarsi a una piccola spesa, così come si può decidere di limitare pranzi e cene e di organizzarle in una maniera più ridotta e modesta. In ogni caso, non è bene forzarsi a oltrepassare il proprio limite di tolleranza.
Ognuno è legittimato a vivere le feste come vuole e come può ed è un errore confrontarsi con gli altri, che, del resto, potrebbero a loro volta avere gli stessi sentimenti ma forzarsi a nasconderli solo per evitare la riprovazione sociale.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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