Vasta operazione all’alba a Civitanova e Corridonia, ma non solo, da parte della guardia di finanza del comando provinciale di Ancona, in collaborazione con l’Eppo, la procura europea, sedi di Milano e Bologna. Riciclaggio, frode fiscale internazionale per centinaia di milioni di euro, una banca clandestina: sono trentatré le persone destinatarie di misure cautelari personali e reali, delle quali due, i soggetti promotori, condotte in carcere, altre cinque agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e altre due con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Sono stati sequestrati beni e disponibilità finanziarie per oltre 116 milioni di euro, apposti sigilli su nove unità immobiliari, cinque attività di ristorazione, conti correnti e autovetture di lusso nella disponibilità degli indagati. In particolare, è stata sequestrata una cittadella commerciale a Civitanova, all’interno della quale ci sono vari punti vendita al dettaglio e all’ingrosso gestiti da cinesi.
L’operazione di stamattina, 25 ottobre, ha visto impiegati 250 finanzieri, ottanta autovetture, un elicottero, quattro unità cinofile per scovare contanti e apparecchiature scanner per la ricerca di intercapedini.
Il tutto è il frutto di una complessa attività investigativa la cui fase iniziale è stata sviluppata dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Milano, che ha consentito di individuare un articolato schema di frode fiscale internazionale, realizzata attraverso numerose imprese in realtà inesistenti che importavano dalla Cina centinaia di container di abbigliamento e accessori, che transitavano per la Grecia e venivano immessi al commercio in Italia dopo una serie di triangolazioni con svariate società fantasma con sede non solo in Italia ma anche in Bulgaria e Grecia e che permettevano l’evasione dell’Iva e dei dazi doganali, sottraendo così alla tassazione oltre 500 milioni di euro.
La liquidità accumulata veniva poi ripulita attraverso un sofisticato sistema di riciclaggio, realizzato dall’associazione per delinquere di matrice cinese mediante l’utilizzo di una cosiddetta chinese underground bank, banca clandestina ma dotata di veri e propri sportelli bancari abusivi e nascosti, tra Civitanova e Corridonia, all’interno di una villa, di un’agenzia di viaggi e di un cash&carry, dove l’organizzazione raccoglieva e stoccava denaro contante per poi consegnarlo a clienti che ne avevano preventivamente ordinato il prelievo.
Il denaro contante veniva ritirato direttamente agli sportelli oppure inviato in diverse regioni d’Italia attraverso corrieri, ma anche trasferito all’estero tramite conti virtuali, con sede in altri Paesi europei ma in realtà in Cina – attraverso cosiddetti slot affittati da banche europee ad altre cinesi –. I clienti, anche imprenditori italiani, a fronte di fatture false bonificavano denaro in Italia o all’estero e poi recuperavano il denaro in contanti tramite questa banca – che operava come una vera lavatrice di denaro illecito – meno una percentuale che veniva pagata come commissione alla stessa banca. Le rilevanti provviste bancarie ripulite e fatte rientrare in Italia, venivano poi reinvestite dagli indagati sul territorio nazionale.
«Siamo in presenza di quella che è la vera infiltrazione della criminalità economica nell’economia legale, cioè la possibilità che i proventi dell’attività illecita non necessariamente prendano la via della madre patria, ma vengano reimpiegati all’interno di un circuito legale, con una sorte di effetto moltiplicatore – ha spiegato stamattina il comandante della Guardia di Finanza delle Marche, il generale Nicola Altiero –. È la nuova frontiera, la possibilità di reinvestire secondo le classiche tecniche del riciclaggio dei proventi illeciti nel creare società di parvenza apparentemente lecite con le quali poter demoltiplicare i proventi. Ed è quello che è avvenuto con questa realtà, quindi attività di ristorazione, concessionari di auto, acquisti di immobili, e quello cui ci siamo trovati di fronte. Un aspetto importante: il contante è volatile e quindi la necessità di avere disponibilità contanti viene ridotta ai minimi termini, perché il contatto può essere oggetto di apprensione, sequestro o anche di furto».
L’attività delle Fiamme Gialle del Gico del capoluogo marchigiano, attraverso una minuziosa attività investigativa resa ancor più difficile dalla necessità di tradurre i tanti messaggi intercettati in cinese e altre lingue, ha posto sotto la lente d’ingrandimento centinaia di negozi giuridici e trascrizioni immobiliari, permettendo così di accertare la disponibilità in capo agli indagati di numerosi immobili e attività commerciali in diversi comuni delle Marche.
Sarebbero, inoltre, una quarantina gli italiani coinvolti a vario titolo in queste operazioni illecite, come ha spiegato ancora il comandante Altiero, prestanomi, operatori commerciali e bancari ma anche semplicemente persone che hanno fornito la propria identità per un lasso di tempo minimo, semplicemente per rendersi intestatari di codici Iban, di un documento commerciale, o di una fattura relativa a operazioni inesistenti.