CIVITANOVA – Dipendente di 58 anni licenziata dall’Asur, ora l’azienda dovrà reintegrarla. Lo ha deciso il giudice del lavoro del Tribunale di Macerata, Luigi Reale, che di recente ha annullato il licenziamento dell’ex dipendente condannando l’azienda a pagarle 12 mensilità e i contributi non versati. «I documenti prodotti dall’Asur e posti alla base del procedimento disciplinare che ha portato alla sanzione espulsiva – ha commentato l’avvocato Maria Grazia Barbabella – sono risultati lacunosi e non idonei a provare la contestata appropriazione di somme di denaro». Ora l’Asur ha 30 giorni di tempo, eventualmente, per impugnare la sentenza.
Il fatto al centro del provvedimento risale al 2019. All’epoca la dipendente lavorava all’ospedale di Civitanova come assistente amministrativa addetta alla segreteria del reparto di Radiologia, quando alcuni utenti segnalarono di aver pagato direttamente a un’impiegata l’importo relativo al rilascio della copia di referti su Cd. Ne seguì un’indagine interna dell’Azienda che sfociò in due azioni, una di natura penale e una disciplinare: da un lato ci fu la segnalazione all’autorità giudiziaria delle presunte irregolarità e dall’altro una lettera di licenziamento a far data dal 3 ottobre del 2019. In merito alla prima, è attualmente in corso il processo di primo grado a carico della donna accusata di truffa ai danni dell’Asur, in merito alla seconda, invece, la civitanovese una volta ricevuta la lettera dall’Asur, si rivolse all’avvocato Maria Grazia Barbabella per impugnare il licenziamento. La vicenda finì all’attenzione del giudice del lavoro di Macerata che il 13 gennaio scorso ha emesso la sentenza accogliendo il ricorso della ex dipendente e dichiarando nullo il licenziamento. Il giudice ha poi condannato l’Asur Marche Area Vasta 3 a reintegrare la 58enne nel posto di lavoro, a pagarle 12 mensilità (che è il massimo stabilito per legge), a versarle contributi previdenziali e assistenziali e a pagare le spese di giudizio.
Nell’atto il giudice scrive che «i documenti prodotti non sono idonei a provare la contestata appropriazione di somme» e che, «data la carenza di precisione dell’esame come condotto, non è possibile ritenere raggiunta la prova – dai dati registrati in via informatica – che alcuni pazienti abbiano ritirato la copia degli accertamenti senza operare il relativo pagamento». Per l’unico episodio ammesso dall’ex dipendente e che riguarda il caso di un utente che per evitare la fila alle casse le aveva consegnato 5,70 euro in contanti per farsi spedire a casa il Cd con il referto, risulta che la 58enne aveva registrato la spedizione pur non avendo poi segnalato il pagamento all’ufficio cassa. Una condotta per la quale è prevista la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un periodo limitato di tempo senza retribuzione ma non il licenziamento. L’Asur, dunque, ha 30 giorni per decidere se impugnare la sentenza in Appello.