MACERATA – L’incubo per la minore sarebbe iniziato nel 2011 quando aveva otto anni e solo nel 2018 i fatti sono venuti alla luce. Oggi, ciò che è accaduto in un piccolo comune dell’entroterra maceratese, è stato rievocato in aula nel processo a carico di un 71enne (accusato di violenza sessuale aggravata) discusso con rito abbreviato. In base a quanto emerso nel corso delle indagini avviate dopo la denuncia della mamma della piccola, dal 2011 il nonno paterno, in più occasioni, avrebbe toccato la piccola nelle parti intime. Questo sarebbe accaduto quando insieme andavano al mare, quando erano in macchina per fare delle commissioni o a casa dell’anziano. Sempre secondo l’accusa – il fascicolo è del sostituto procuratore Rosanna Buccini –, dal 2016 fino a luglio del 2018 il nonno si sarebbe spinto oltre arrivando a indurre la nipotina ad avere veri e propri rapporti sessuali.
Nel procedimento instaurato davanti al giudice dell’udienza preliminare Claudio Bonifazi la mamma della minore si era costituita parte civile per sé e per la figlia con l’avvocato Narciso Ricotta, l’imputato, difeso dagli avvocati Renato Coltorti e Renzo Merlini, aveva chiesto di essere giudicato con rito abbreviato. Nella precedente udienza era stato sentito l’urologo che aveva visitato l’anziano nel 2018, il medico in aula aveva dichiarato di aver eseguito sull’anziano un test ad hoc anche con stimolazione attraverso un’iniezione, e da questo accertamento era emerso che l’uomo era impotente. Ciò che invece l’urologo non è stato in grado di dire è se anche negli anni precedenti (ovvero quando sarebbero avvenuti i fatti contestati) l’anziano fosse stato impotente.
Oggi la discussione. Nella requisitoria il pubblico ministero Enrico Riccioni ha ripercorso i fatti ricordando le dichiarazioni rese dalla minore, la testimonianza dell’urologo che avendo visitato l’anziano ex post non era stato in grado di dire se l’impotenza fosse temporanea o definitiva né da quanto tempo il 71enne fosse impotente, e poi la circostanza emersa nel corso delle indagini per la quale la donna delle pulizie aveva trovato sul comodino della camera da letto dell’anziano una scatola di preservativi aperta e la maglietta della nipote in un cassetto. Per il pm l’anziano avrebbe potuto fornire una versione alternativa dei fatti ma non lo ha mai fatto né quando era stato interrogato né successivamente. Perciò, ritenendo di dover modificare il reato contestato in atti sessuali su minore per i fatti successivi al compimento dei 10 anni della bambina (non c’era stata costrizione ma induzione), ritenendo che l’imputato non fosse meritevole della concessione delle attenuanti generiche per la gravità dei fatti, il pubblico ministero ha concluso chiedendo la condanna a otto anni di reclusione.
In aula l’avvocato Coltorti ha spiegato le ragioni della difesa in una lunga e articolata arringa. Tra le altre cose il legale ha affermato che il 71enne era in cura già dal 2013 per disfunzioni sessuali e che i fatti contestati sarebbero emersi solo nel 2018 quando c’era un forte contrasto tra i genitori. All’esito della camera di consiglio il giudice ha condannato l’anziano a sei anni di reclusione. «Il gup – ha commentato l’avvocato Coltorti – a fronte di una richiesta di condanna a 8 anni della procura ha applicato il minimo della pena nonostante il riconosciuto concordo tra le imputazioni (6 anni). Riteniamo questo elemento già significativo. Riteniamo comunque che non sussistessero elementi di prova sufficienti per giungere ad un giudizio di colpevolezza. Leggeremo le motivazioni tra 60 giorni e valuteremo il probabile appello».