MACERATA – Omicidio della figlia 19enne, confermata in Appello la condanna all’ergastolo per Muhammad Riaz, muratore pakistano di 46 anni.
Oggi pomeriggio, dopo sei ore di camera di consiglio, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Ancona hanno letto il dispositivo con il quale hanno confermato la pena inflitta in primo grado per i reati di omicidio volontario, violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti anche degli altri tre figli all’epoca minorenni. «Italia Paese di razzisti e fascisti, sono in galera perché musulmano», ha urlato Riaz dopo aver sentito le parole della Corte. Una rabbia esplosa alla fine, in mattinata invece erano state le lacrime a scendere sul volto del pakistano quando ha ricordato i momenti terribili della morte della figlia. Secondo la procura di Macerata la sera del 24 febbraio del 2018 mentre tornavano in macchina da Civitanova, padre e figlia avevano discusso, alla base ci sarebbero state le accuse mosse dalla figlia maggiore Azka e dalla sorella più piccola nei suoi confronti, accuse di violenza sessuale su Azka e di maltrattamenti su tutti i figli, che erano state riferite ai carabinieri in più occasioni e che il 28 febbraio sarebbero dovute essere confermate dalle vittime anche in Tribunale, ma Azka a quell’appuntamento non ci è mai arrivata.
Per l’accusa a seguito della discussione il padre l’avrebbe colpita e avrebbe adagiato il corpo della figlia in strada al buio e sotto una pioggia battente poco prima che un’auto la investisse. Per la difesa invece dopo la discussione Azka era scesa dall’auto ed era stata investita. Condannato in primo grado all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi e al pagamento di una provvisionale nei confronti della moglie (30.000 euro) e dei tre figli (200.000 euro complessivi), questa mattina Riaz ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee. Ha affermato di amare i propri figli e di averli portati in Italia per dare loro un futuro migliore, ha poi aggiunto che in Italia aveva seguito tutti i percorsi indicati, «ho fatto tutto quello che mi veniva detto dagli assistenti sociali – ha dichiarato ai giudici –, il caos è iniziato quando in casa sono entrati i ragazzi delle mie due figlie, una decisione che io non ho assecondato. Hanno voluto liberarsi di me».
Poi, ricordando la sera della morte della figlia ha raccontato: «Ero andato con lei (Azka, ndr) in giro per negozi a comprare quello che lei desiderava, vestiti e da mangiare, e me l’hanno ammazzata», ha concluso in lacrime. Alle 16 la lettura del dispositivo e l’esplosione di rabbia: «Italia paese di razzisti e fascisti, sono in galera perché musulmano».
«Leggeremo le motivazioni – ha commentato l’avvocato Francesco Laganà –, se ci sono i presupposti faremo ricorso, dovremo capire come motivano anche perché la discussione che io ho sentito è stata basata sulla favola del ranocchio e dello scorpione. Se il messaggio che passerà è questo significa che stiamo indietreggiando di mille anni e stiamo andando sul pregiudizio in cui il pakistano è diverso da noi ed è cattivo. Se il messaggio è che la natura di quelle persone è di non amare i figli e di uccidere allora questo è inaccettabile. Spero che le motivazioni non siano basate su questo e che ci facciano comprendere che noi siamo nel torto, perché solo così si può accettare che una persona faccia l’ergastolo». Confermate, dunque, anche le provvisionali nei confronti della moglie e dei tre figli dell’imputato, la moglie e due figli sono parte civile con l’avvocato Maurizio Nardozza, mentre il terzo figlio, ad oggi ancora minorenne è parte civile, tramite la tutrice Francesca Forani, con l’avvocato Paolo Carnevali.