PESARO – Omicidio di Tavullia, restano tutti in carcere i tre fermati. Il giudice per le indagini preliminari Giacomo Gasparini ha sciolto le riserve sulle misure cautelari da applicare per Artur Cerria, 37enne albanese residente a Tavullia, reo confesso dell’omicidio di Dritan Xhepaxhius, alias Idrizi.
In stato di fermo con l’accusa di lesioni gravi anche G. Q., 28 anni cameriere residente a Cattolica e A. S., 54 anni, carrozziere, entrambi andati a Tavullia con Dritan nell’ambito della spedizione punitiva.
Convalidati i fermi, per i tre la misura cautelare applicata è quella del carcere. Cerria è stato trasferito a Forlì su richiesta degli avvocati per «per ragioni di sicurezza» perchè un parente della vittima era nel carcere di Rimini e i contatti potevano essere pericolosi.
Per il giudice ricorrono dunque il pericolo di fuga, la possibilità di inquinare le prove vista e di reiterare condotte violente.
Il fatto
Mercoledì 7 agosto lo scontro che ha portato alla morte di Dritan, accompagnato da Shoshari e Quedari a casa di Cerria. Sullo sfondo della resa dei conti ci sarebbe un debito legato a una riparazione di un’auto, ma gli inquirenti scavano anche nel contesto della droga. Dritan ha preso a martellate Cerria (40 giorni di prognosi ndr), prima di essere colpito da 4 coltellate, di cui una al cuore. Nella colluttazione sono rimasti contusi anche la moglie e il figlio di Cerria. «Ho difeso mia moglie, mio figlio e me stesso. Idrizi ha colpito prima mia moglie e poi me con un martello. Cos’altro avrei potuto fare? Altri due stavano arrivando con le spranghe. Mi sono difeso altrimenti saremmo morti noi».
Gli altri due dicono di essere scesi dal veicolo solo quando hanno sentito le urla e visto Dritan a terra, colpito dai fendenti. Il loro legale è pronto a chiedere il riesame per avere una misura afflittiva più lieve.