MACERATA – Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i due albanesi di 34 e 22 anni arrestati lo scorso 13 marzo dagli agenti della Squadra Mobile e accusati del tentato omicidio di un giovane papà di 36 anni. Ieri pomeriggio si è svolto l’interrogatorio di garanzia, i due arrestati erano in collegamento dal carcere di Montacuto insieme ai propri legali, il gip Claudio Bonifazi dal tribunale di Macerata.
O.F. di 34 anni ed E.J. di 22, hanno scelto di fare scena muta davanti al giudice, ma ai propri legali hanno ribadito la propria innocenza. Il primo è difeso dagli avvocati Vando Scheggia e Mirela Mulaj, il secondo da Scheggia e Marielvia Valeri: «Si dichiarano estranei ai fatti contestati – hanno riferito i difensori –, stiamo analizzando le carte e valutando di ricorrere ai giudici del Riesame».
Intanto proseguono le indagini sul brutale pestaggio avvenuto la sera del 16 gennaio scorso in corso Cavour a Macerata davanti al bar Paolucci. Gli inquirenti sono impegnati nell’identificazione della terza persona che quella sera era con i due albanesi e che avrebbe partecipato (la sua partecipazione al pestaggio sarebbe stata morale, da quanto emerso non avrebbe materialmente picchiato la vittima, ndr) all’aggressione, almeno in base a quanto riferito da un testimone. Si cerca di capire anche quale possa essere stato il movente alla base della violenza, ad oggi gli inquirenti lavorerebbero su un paio di ipotesi ma servono ulteriori riscontri e comunque, in entrambi i casi, si tratterebbe di motivi futili.
Ora però il raggio d’azione degli inquirenti si allarga, il pubblico ministero Rita Barbieri ha infatti iscritto sul registro degli indagati per il reato di false dichiarazioni al pm una donna che nei giorni scorsi era stata sentita in questura come persona informata sui fatti. La giovane, difesa dall’avvocato Gabriele Cofanelli, avrebbe reso dichiarazioni ritenute non vere o comunque, per gli inquirenti, potrebbe aver taciuto su circostanze di cui era a conoscenza in merito al pestaggio.
Di lei parla anche il gip nell’ordinanza con cui la scorsa settimana aveva disposto la custodia in carcere per i due albanesi. Il giudice ha evidenziato la sua “reticenza”: subito dopo il pestaggio la giovane avrebbe avvicinato l’uomo che aveva tentato di fermare uno degli aggressori per dirgli di «non riferire chi erano gli aggressori in quanto suoi amici». Sentita dagli inquirenti in questura, aveva affermato di non aver visto gli aggressori e non avrebbe riconosciuto nelle foto mostrate i due indagati nonostante avesse individuato diverse altre persone. Poi appena uscita dalla questura aveva chiamato un amico albanese esortandolo a non riconoscere O.F. «L’evidente reticenza e il tentativo di copertura “mirata”» costituirebbe per il gip un ulteriore elemento a livello indiziario tale da far ritenere che gli amici della donna di cui il testimone non avrebbe dovuto fare i nomi, fossero proprio gli indagati.