ANCONA – Sequestrate al porto di Ancona 11 tonnellate di legno per parquet contraffatto: era falsamente marchiato come prodotto rispettoso dell’ambiente.
L’operazione è avvenuta grazie ai finanzieri della Guardia di Finanza di Ancona, in collaborazione con i funzionari della locale agenzia delle dogane, che sono riusciti a individuare all’interno del porto dorico un ingente carico, pari a 11.600 chilogrammi di pannelli in legno per pavimenti recanti marchi contraffatti e non sicuri, provenienti dalla Cina e diretti a una azienda del teramano.
L’attività investigativa s’inquadra nell’ambito degli interventi finalizzati alla tutela della sicurezza del mercato dei beni e servizi, con particolare riguardo alla contraffazione, alla tutela del “made in italy” e alla sicurezza dei prodotti, che le fiamme gialle e l’agenzia delle dogane attuano quotidianamente nei confronti delle merci che giungono nello scalo portuale da tutto il mondo.
A finire nel mirino dei finanzieri del comando provinciale, grazie a una selezione delle spedizioni sospette di merci provenienti da Paesi esteri, è stato un container contenente pannelli di legno per pavimenti (parquet) di origine cinese, che recavano il marchio di certificazione F.S.C. – con l’icona dell’albero “checkmark-and-tree” – il quale dovrebbe garantire che l’intera filiera del legno o della carta derivi da una gestione forestale rispettosa dell’ambiente, socialmente utile ed economicamente sostenibile. Solo le aziende certificate possono, difatti, utilizzare le etichette F.S.C. sui propri prodotti.
Al termine degli accertamenti è emerso, invece, che tale marchio F.S.C. apposto sull’imballaggio era abilmente contraffatto. L’intero carico è stato, pertanto, sottoposto a sequestro e il rappresentante legale della società importatrice è stato deferito alla locale autorità giudiziaria per il reato di “introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”, il quale prevede la reclusione fino a quattro anni e la multa fino a 35.000 euro.
La merce avrebbe potuto trarre in inganno i consumatori, disposti anche a pagare un prezzo leggermente più alto, convinti della sostenibilità ambientale e del rispetto dei diritti civili nelle aree di provenienza del prodotto.