OSIMO – È arrivata al termine ieri, 24 novembre, la requisitoria della Procura di Pescara nel processo per i 29 morti di Rigopiano. Sono state chieste condanne per oltre 150 anni. Il 18 gennaio 2017 persero la vita in 29 nell’inferno di ghiaccio dell’hotel Rigopiano a Farindola, in provincia di Pescara. Tra le persone scomparse, in vacanza nell’albergo crollato sotto il peso di una valanga, Dino di Michelangelo, poliziotto in servizio al commissariato di Osimo, e Marina Serraiocco, commerciante del centro storico, entrambi residenti in città da anni ma originari di Chieti. Il loro figlioletto Samuel, nove anni, si salvò miracolosamente assieme agli altri bambini e oggi vive con i nonni e gli zii nel chietino. Da quel momento è iniziato il calvario per le famiglie che sopportando il dolore più grande stanno conducendo una battaglia che pesa.
L’accusa
Secondo l’accusa, i principali responsabili sono il Comune di Farindola e la Provincia di Pescara, e si aggiunge il comportamento della Prefettura e le mancanze amministrative gravi della Regione Abruzzo. La pena più alta, 12 anni, è stata chiesta per l’ex Prefetto di Pescara, Francesco Provolo, mentre 11 anni e quattro mesi sono stati chiesti per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e sei anni per l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco. L’accusa rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellelli e dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, ha puntato il dito sulle responsabilità dei dirigenti comunali e provinciali nella gestione dell’emergenza e della viabilità sconvolta per il grave maltempo di quei giorni, e sui permessi urbanistici: l’hotel era stato realizzato in una zona notoriamente esposta a valanghe e di conseguenza avrebbe dovuto essere chiuso e la strada sgomberata. È stata scandagliata anche l’attività della Regione Abruzzo per la mancata realizzazione e approvazione della Carta Valanghe.
La ricostruzione del pm
Insufficiente, secondo la ricostruzione dei pm, il comportamento della Prefettura per la mancata tempestività ed efficacia nell’emergenza, tanto che è proprio per l’ex prefetto Provolo la richiesta della condanna più severa, appesantita dal filone del cosiddetto depistaggio.
La Procura
Secondo la Procura ci sono tante responsabilità diffuse, quelle dei dirigenti comunali, provinciali e regionali, per la viabilità e la carta valanghe, per i permessi, per gli ex sindaci di Farindola, per i tecnici che non certificarono il vero e anche per la società proprietaria di Rigopiano. Per il gestore Bruno Di Tommaso, infatti, la richiesta è stata di sette anni e otto mesi. Sono state messe a nudo tutte le mancanze su prevenzione e previsione del rischio valanghe, i comportamenti omissivi in riferimento a reati come disastro e omicidio colposo, lesioni, falso, molti legati alle responsabilità di Protezione Civile.