Cronaca

Tolentino, tentato omicidio per un motorino: condanne a dieci e nove anni

Oggi la decisione dei giudici del Tribunale di Macerata in composizione collegiale. Tre gli imputati tutti di origine albanese. L'aggressione risale all'11 marzo del 2010

Il tribunale di Macerata

MACERATA – Una condanna a 10 anni e due a nove anni ciascuno. Si è chiuso così il processo a carico di tre giovani, tutti originari dell’Albania ma residenti a Tolentino, accusati di concorso nel tentato omicidio di un 22enne. Alla base dell’aggressione ci sarebbe stata una lite tra giovanissimi per la restituzione della targa di un motorino.

Il fatto risale all’11 marzo 2010 quando davanti al circolo Enals di viale Vittorio Veneto a Tolentino – erano da poco passate le 18.30 – scoppiò un’accesa lite tra un 22enne, e M.M., all’epoca 19enne. In quel momento erano presenti anche i due coimputati, Z.S. ed E.K., entrambi all’epoca 20enni. Al culmine della discussione sopraggiunse il padre di M.M. che estrasse un coltello e colpì il 22enne all’emitorace posteriore sinistro. La vittima riuscì a fuggire e a trovare riparo prima dietro una macchina e poi, dopo un successivo inseguimento, all’interno di un bar. L’autore dell’accoltellamento nel frattempo è morto mentre per il figlio e i due connazionali il processo è andato avanti.

Oggi, nel corso della requisitoria, il pubblico ministero Enrico Riccioni ha ripercorso la vicenda evidenziando il rilevante apporto di M.M. nella realizzazione del tentato omicidio e la circostanza che solo un intervento chirurgico d’urgenza aveva consentito di salvare la vita al 22enne. In base a quanto ricostruito dall’accusa, nei giorni precedenti all’aggressione tra M.M. e la vittima ci sarebbero stati altri dissidi sempre relativi alla restituzione della targa del motorino. L’albanese avrebbe quindi chiamato più volte il 22enne per fissare un incontro invitandolo a vedersi in aperta campagna, ma il tolentinate si era rifiutato. Il giorno del faccia a faccia, poco prima dell’aggressione, il 19enne avrebbe chiesto al barista del circolo Enals di alzare il volume della musica, poi dopo l’accoltellamento, aveva inseguito la vittima fino alla porta del bar dove questa si era rifugiata. E lì avrebbe urlato: «Tu a me la voce non me la alzi».

L’avvocato Claudio Cegna

Per quanto riguarda la posizione dei due coimputati, il pubblico ministero ne ha evidenziato il ruolo di comprimari: avevano inseguito anche loro la vittima e uno dei due gli aveva lanciato un’accetta. Per l’accusa tutti e tre avrebbero continuato l’azione criminosa iniziata dal padre di M.M. Per questi motivi il sostituto procuratore Riccioni ha chiesto la condanna a 10 anni per M.M, e otto e sei anni per gli altri due coimputati. La ricostruzione accusatoria è stata contestata dalle difese sostenute dagli avvocati Giancarlo Giulianelli e Maria Cristina Ottavianoni. Oggi pomeriggio la sentenza emessa dal collegio presieduto dal giudice Roberto Evangelisti (giudici a latere Francesca Preziosi e Barbara Cortegiano): 10 anni per M.M., oggi 29enne, nove anni per Z.S. ed E.K., entrambi 30enni. È stata anche disposta una provvisionale di 12.900 euro per la persona offesa, parte civile nel processo con l’avvocato Claudio Cegna.

L’avvocato Giancarlo Giulianelli

«In attesa delle motivazioni – ha commentato l’avvocato Giulianelli – dico che è uno scandalo giuridico. Sono stati sovvertiti i principi basilari del diritto penale. Quando un consulente tecnico conclude dicendo che non c’è stato pericolo di vita, io non capisco come si possa argomentare che c’è stato un tentato omicidio, tutt’al più erano lesioni dolose gravi, un reato che sarebbe stato ampiamente prescritto. Traini ha preso 12 anni (Luca Traini, che sparò dall’auto contro persone di colore dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro, ndr), loro (gli imputati, ndr) che stavano lì passivamente mentre un’altra persona aveva inferto la coltellata, hanno preso dieci anni, mi pare un’assurdità. Era nata una discussione tra M.M. e la persona offesa, la coltellata l’ha inferta il padre di M.M. all’insaputa del figlio, l’unico errore che ha fatto il figlio, che non si è accorto della coltellata, è stato di correre dietro alla persona offesa».

L’avvocato Maria Cristina Ottavianoni

«Che tipo di supporto causale avrebbe dato al padre – ha aggiunto Giulianelli -? Ripeto, sono stati sovvertiti i principi basilari del diritto penale: il non fare niente è stato ritenuto concorrente nell’azione di un altro soggetto e le lesioni riportate hanno configurato un tentato omicidio quando agli atti pacificamente emerge che l’unico colpo inferto con un coltello dal papà non ha posto mai in pericolo di vita la persona offesa, la malattia ha avuto una durata inferiore ai 20 giorni. Per colpe non imputabili alla difesa la sentenza ci ha messo 10 anni ad arrivare, in questo lasso di tempo i presunti colpevoli vengono raggiunti da una sentenza iniqua applicata non si sa in base a quali principi giuridici. Si confonde il giudizio sull’idoneità dei mezzi, che non è previsto dal codice penale, con l’idoneità dell’azione. La pena pare sproporzionata al fatto, alla condotta, a quello che è emerso nel dibattimento». «Aspetto la motivazione – ha commentato l’avvocato Ottavianoni -, concordo con il collega sul fatto che non è tutto così lineare, ci sono state molte contraddizioni. Vediamo se la motivazione esclude la possibilità di un appello cosa che sono più incline a non ritenere».