Cronaca

Vicesindaco assolto per il post razzista, la procura ricorre in Appello

Accusato di diffamazione nei confronti dell’ex ministro Cecile Kyenge, l'amministratore del Comune di Civitanova, Fausto Troiani, lo scorso luglio era stato assolto. Il procuratore Giovanni Giorgio ha impugnato la sentenza

Il procuratore capo Giovanni Giorgio

MACERATA – Assolto dall’accusa di diffamazione aggravata, ora la procura presenta il ricorso in Appello. Il procedimento è quello chiuso il 13 luglio scorso quando i giudici in composizione collegiale (presidente Daniela Bellesi), assolsero il vicesindaco di Civitanova, Fausto Troiani dall’accusa di diffamazione nei confronti dell’ex ministro Cecile Kyenge. Il reato era aggravato perché commesso nei confronti di un pubblico ufficiale e per finalità di discriminazione e odio razziale ed etnico. 

L’avvocato Gian Luigi Boschi

Al centro del processo c’era un post scritto a commento di una foto del Natale 2013 che ritraeva l’ex ministro mentre serviva il pranzo in una mensa per poveri, nel post era scritto «rimane negra». La foto e il nome dell’autore del commento erano quelli del medico e vicesindaco civitanovese Fausto Troiani. Nel corso del processo di primo grado, però, l’avvocato della difesa, Gian Luigi Boschi, sostenne che non ci fosse la prova del fatto che fosse stato il vicesindaco a scrivere quella frase, mancavano infatti degli accertamenti precisi sul computer che non sarebbero mai stati effettuati. Il giorno della discussione lo ribadì ai giudici anche il consulente tecnico informatico di parte, Roberto Rocchi, che evidenziò l’assenza di «qualsiasi attività informatica per stabilire senza ombra di dubbio chi fosse l’autore dei post. Il nome – aveva poi aggiunto – può essere modificabile da chiunque». E i giudici condivisero la ricostruzione difensiva assolvendo l’imputato con la formula “per non aver commesso il fatto”.

Lo scorso 5 ottobre i giudici hanno depositato le motivazioni della sentenza e dopo poco più di due settimane il procuratore capo Giovanni Giorgio ha presentato ricorso in Appello. Secondo il magistrato, infatti, era stato lo stesso Troiani, successivamente, a rivendicare di essere stato l’autore del post incriminato, anche in un’intervista. Ma non solo. Interrogato in fase di indagini preliminari Troiani si era avvalso della facoltà di non rispondere aggiungendo però di non confermare le dichiarazioni rese due mesi prima in cui aveva invece riconosciuto come propri tutti i post in cui compariva l’immagine del suo profilo Facebook tra cui anche quello contro l’ex ministro Kyenge. Nel ricorso il procuratore ha evidenziato anche la circostanza per la quale una volta venuto a conoscenza dell’esistenza di quei messaggi dal contenuto illecito immessi a nome di Troiani, il vicesindaco non ha mai presentato una denuncia contro eventuali ignoti che avrebbero usato, senza il suo consenso, le sue generalità. Per questi motivi, dunque, il procuratore ha impugnato la sentenza chiedendo la condanna del vicesindaco.