Cultura

Ancona, apre la mostra “Rinascimento marchigiano”

Ancona è la terza tappa di questa esposizione, dopo Roma e Ascoli Piceno e prima di San Severino Marche. Ecco alcune info sulla mostra

Alla Mole Vanvitelliana di Ancona la mostra “Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma lungo i cammini della fede” (Foto: Comune di Ancona)
Alla Mole Vanvitelliana di Ancona la mostra “Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma lungo i cammini della fede” (Foto: Comune di Ancona)

ANCONA – Aperta al pubblico alla Mole Vanvitelliana di Ancona la mostra “Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma lungo i cammini della fede”. L’iniziativa è a cura di Stefano Papetti e Pierluigi Moriconi, ed è focalizzata sulla valorizzazione e promozione del patrimonio storico artistico proveniente da chiese e musei dei comuni colpiti dai sismi del 2016-17 (area Sud della regione Marche) e del novembre 2022 (province di Pesaro Urbino e Ancona).

«Ancona capoluogo delle Marche – afferma Daniele Silvetti, sindaco di Ancona – accoglie queste opere che provengono per la maggior parte dai luoghi colpiti dal sisma che fanno parte del nostro Appennino e del nostro entroterra. Ancona diventa quindi il naturale baricentro per valorizzare un patrimonio storico-artistico ineguagliabile, non solo porta d’Oriente che si apre da millenni alle culture del mare e dell’altra sponda dell’Adriatico, ma anche porta d’ingresso verso le infinite ricchezze artistiche e culturali del nostro territorio marchigiano. Con la mostra inoltre si apre una nuova stagione per la nostra Mole Vanvitelliana: in occasione di questa mostra sono stati infatti studiati dagli Assessorati Cultura e Turismo speciali agevolazioni per i cittadini residenti e i turisti che soggiornano ad Ancona e nelle Marche e messe appunto tariffe per famiglie e giovani».

«Si apre una nuova stagione di mostre alla Mole Vanvitelliana – afferma Marta Paraventi, assessora alla Cultura Comune di Ancona – caratterizzata da criteri che valorizzeranno, come in tutti i luoghi deputati a questo ruolo, sia le esposizioni in sé, sia il contenitore, sia gli eventi collaterali capaci di garantire un valore aggiunto importante. Per questo abbiamo pensato anche a una stretta connessione tra la mostra, la Mole che la ospita e che è uno dei segni più connotanti di Luigi Vanvitelli nel porto di Ancona, e i suoi spazi più caratteristici e significativi, come il Museo Statale Tattile Omero e la Collezione Design, ma anche come il The Mole – Caffè letterario, che da qualche mese è attivo all’interno di questo contenitore così unico e peculiare. Questa esposizione è, inoltre, un’occasione di studio e di approfondimento importante, anche grazie al lavoro di A.R.T. & Co. Srl di Ascoli Piceno, spin-off dell’Università di Camerino, che ha realizzato approfondite indagini diagnostiche su cinque importanti opere esposte, rivelando i disegni preparatori al di sotto della pellicola pittorica e altre importanti e interessanti informazioni, che saranno rivelate ai visitatori attraverso un Qr Code. Siamo felici di annunciare che questa innovazione è una novità dell’allestimento espositivo di Ancona.

Le date, i promotori, i sostenitori

La mostra resterà aperta fino al 15 giugno. Promossa da Comune di Ancona, Anci Marche e Pio Sodalizio dei Piceni, è realizzata con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti, Paesaggio delle Province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, e quella delle Province di Ancona e Pesaro e Urbino, con il contributo del Commissario Straordinario alla Ricostruzione Sisma 2016, del Ministero della Cultura-Segretariato Regionale del Ministero della Cultura per le Marche , della Regione Marche, dei comuni di Ascoli Piceno, San Severino Marche; si avvale del patrocinio della Fondazione Marche Cultura e della collaborazione di Marche Teatro; organizzata a cura di Artifex.

Ancona è la terza tappa di questa esposizione, dopo Roma e Ascoli Piceno e prima di San Severino Marche.

La mostra presentata dai curatori

«Sembrano ormai lontane – scrivono i curatori della mostra Papetti e Moriconi nell’introduzione al catalogo – le drammatiche giornate dei mesi di agosto e di ottobre del 2016 quando nell’entroterra appenninico la terra tremò violentemente mietendo molte vittime, distruggendo interi paesi come Amatrice e Arquata del Tronto, causando il crollo di edifici monumentali patrimonio della civiltà europea, danneggiando molte opere d’arte mobili: danni materiali ed immateriali, determinanti per la disgregazione dell’identità stessa di una vasta area legata al contesto sibillino, che nonostante l’impegno profuso dalle istituzioni ancora devono essere in parte risarciti. A quei danni che tutta la stampa mondiale ha documentato, si aggiungono quelli più recenti prodotti nel novembre del 2022 da una scossa avvenuta nel Mare Adriatico che ha danneggiato una delle chiese più conosciute della città di Ancona, la chiesa del Santissimo Sacramento a dimostrazione che il terremoto in questa regione non risparmia nessuno, né l’entroterra appenninico né la fascia costiera».

Per cercare di arginare l’effetto “di lunga durata prodotto dal sisma”, quello che rischia di mandare perduta per sempre l’identità storica, culturale e sociale dei territori colpiti, per la seconda volta ANCI Marche e Pio Sodalizio dei Piceni hanno finanziato l’iniziativa “Rinascimento Marchigiano” che già nel 2019 era stata promossa da questi due soggetti.

«Le opere selezionate – spiegano Papetti e Moriconi – vengono dai luoghi colpiti dalle scosse telluriche del 2016 e, individuandoli su una cartina geografica, si scopre che la maggior parte di essi si colloca lungo i cammini percorsi dai pellegrini che fino al XIX secolo hanno intrapreso questa pratica espiatoria: non è dunque difficile immaginare che dinnanzi a queste immagini sacre si siano raccolte in preghiera non soltanto le comunità locali ma anche milioni di forestieri mossi dal desiderio di effettuare un percorso interiore salvifico».

Rinascimento marchigiano”: la mostra in tre sezioni

Le opere in mostra, tutte restaurate da professionisti marchigiani, sono di notevole interesse dal punto di vista storico artistico e vengono presentate in tre distinte sezioni articolate in ordine cronologico.

Nella prima sezione, dedicata alle opere medievali, tra i grandiosi crocifissi lignei spicca quello a rilievo su croce sagomata con cielo blu stellato realizzato per la chiesa paleocristiana dedicata al Santissimo Salvatore di Ancona (oggi Santi Pellegrino e Teresa, dopo i rifacimenti settecenteschi), restaurato da Maria Laura Passarini. Il Crocifisso, risalente al XIII secolo (legno di pioppo policromo cm 189,5 x 183; croce cm 249 x 206), è una delle opere anconetane presenti all’interno dell’esposizione. Questo rientra nella tipologia del Christus Triumphans come quello di Matelica, anch’esso esposto in mostra. Il Crocifisso di Ancona proviene dalla chiesa paleocristiana dedicata al Santissimo Salvatore, restaurata in epoca medievale tra il 1213 e il 1224 e poi conosciuta con il titolo di San Pellegrino per la presenza delle reliquie del martire Pellegrino rinvenute nella chiesa. In età moderna la chiesa parrocchiale officiata dai padri Carmelitani Scalzi venne demolita e ricostruita sotto il titolo dei Santi Pellegrino e Teresa (agli Scalzi) nei primi anni del Settecento. A partire dal secolo XII molte chiese d’Occidente si erano dotate di grandi crocifissi in cui il Cristo sulla croce veniva rappresentato vivo e trionfante in quanto Salvatore dell’umanità e così continuò a essere rappresentato in epoca romanica. L’intervento, reso necessario dalla presenza di gravi e diffusi segni di attacco xilofago pregresso e attivo che è stato causa di lacune nel supporto, è stato mirato alla migliore conservazione del bene, ma senza la ricostruzione di parti perdute nel corso del tempo.

La seconda sezione è dedicata alla pittura rinascimentale: oltre alle opere di Carlo Crivelli, Antonio Vivarini, Pietro Alamanno e Cola dell’Amatrice, si segnala la presenza di uno dei capolavori di Lorenzo d’Alessandro, conservato al Museo Piersanti di Matelica ma proveniente dalla scomparsa chiesa di San Michele Arcangelo. Si tratta della Madonna in trono col Bambino e sant’Anna, san Rocco e san Sebastiano (seconda metà del XV secolo). La tavola, prima dell’attuale intervento di restauro, si presentava in pessimo stato di conservazione con numerosi e vistosi distacchi della pellicola pittorica dal supporto; sul retro essa era inoltre vincolata da un complesso sistema di contenimento a reticolato che è stato rimosso e sostituito.

La terza sezione, dedicata alle opere del XVII secolo, conclude il percorso con opere di Ludovico Trasi, Giuseppe Puglia detto il Bastaro, e l’olio su tela San Carlo Borromeo in gloria e santi (1625 – 1630) di Cesare Dandini (Firenze 1596 – 1657), la seconda anconetana in mostra, proveniente dalla chiesa del Santissimo Sacramento. Si tratta di un’opera di grandi dimensioni (470×240 centimetri), restaurata a cura di Maria Veronica Soro. Questa pala di Ancona a Dandini fu commissionata dal musico Giovan Battista Severi legato alla corte medicea per l’altare dedicato a San Carlo Borromeo. La rappresentazione di san Carlo Borromeo è abbastanza ricorrente nell’iconografia dell’arcivescovo milanese nel secolo XVII, il quale con i santi Ignazio di Loyola e Filippo Neri fu l’artefice della riforma della Chiesa dopo il Concilio di Trento”. All’interno dell’opera è presente anche la figura di San Lorenzo, significativa per Ancona in quanto a questo santo era dedicata l’antica basilica edificata sul monte Marano (colle Guasco) destinata poi nel Basso Medioevo alla cattedrale di San Ciriaco.

Oltre il visibile: un QR code per scoprire i segreti delle opere

La mostra “Rinascimento marchigiano” si arricchisce di nuove possibilità nella tappa anconetana e, successivamente, nella tappa finale di San Severino Marche. Il Laboratorio A.R.T. & Co. Srl di Ascoli Piceno, spin-off dell’Università di Camerino, ha infatti realizzato approfondite indagini diagnostiche su cinque importanti opere esposte, dal trittico di Carlo Crivelli al polittico di Antonio Vivarini.

Le analisi scientifiche non invasive hanno consentito di rivelare i disegni preparatori presenti al di sotto della pellicola pittorica e, di conseguenza, i cosiddetti “pentimenti”, cioè le modifiche realizzate dall’artista in corso d’opera. Inoltre, sempre attraverso sofisticate strumentazioni portatili, sono stati identificati i pigmenti utilizzati dai Maestri: ad esempio, si è scoperto che nel polittico di Corridonia Antonio Vivarini ha fatto largo uso del lapislazzuli, il più prezioso pigmento impiegato all’epoca, un pigmento che, proprio per il suo costo, gli artisti spesso quotavano a parte e che, di conseguenza, era appannaggio solo di ricche committenze.

I risultati più rilevanti delle indagini saranno mostrati ai visitatori durante il percorso di visita. Le opere indagate, infatti, saranno dotate di un QR Code che consentirà di accedere a brevi video divulgativi.