CHIARAVALLE – Chiaravallese doc, ma trapiantata nel sud della Francia, Maria Costanza Boldrini presenterà sabato 18 gennaio prossimo il suo romanzo d’esordio, “Gli anni dell’abbondanza“, in vendita da oggi ed edito dalla Casa Editrice Nord.
L’autrice, che è anche la nipote dell’onorevole Boldrini, sarà presente sabato 18 al teatro Giacconi di Chiaravalle alle ore 17 insieme al sindaco Cristina Amicucci e all’assessore Francesco Favi per presentare, appunto, la sua storia di donne ambientata nel tempo che scorre a Chiaravalle, denominata nel suo romanzo Valchiara.
La storia è quella di una famiglia come tante, ma con le sue donne che hanno un dono speciale, quello, appunto, dell’abbondanza. I Contini sono benvoluti, e gran lavoratori, ma qualcosa cambia quando la giovane Beata, a dispetto delle proteste della madre, decide di farsi assumere alla Regia Fabbrica dei Sigari. Perché un misterioso miracolo si produce in lei: è la sua abbondanza, un dono che la rende la beniamina delle colleghe e il bersaglio dei controllori della fabbrica. E dopo di lei anche sua figlia Clarice e la nipote Antonia saranno benedette e maledette da questo prodigio, ciascuna a modo suo. Tuttavia l’abbondanza non è per sempre, può sparire da un momento all’altro a causa di un grande dolore. E di dolori ne vivranno tanti, Beata, Clarice e Antonia, vittime della violenza della Storia ma capaci di affrontare e superare ogni difficoltà, anche grazie a un’altra benedizione, l’amore puro e incondizionato dei loro adorati mariti.
«È una storia che nasce nella testa di una bambina che ascoltava i racconti del nonno e della bisnonna – racconta Maria Costanza Boldrini –, una bambina sin da subito appassionata alle storie, alle letture destinate ai ragazzi. Grazie a mia madre sono poi approdata ad autori più consistenti, primo tra tutti Gabriel Garcia Márquez e poi i suoi colleghi del realismo magico, che mi hanno molto influenzata».
Ecco dunque dove affonda le radici Gli anni dell’abbondanza, nell’amore dell’autrice per questo stile letterario, nella sua ambizione «segreta», come la definisce lei stessa, di fare il mestiere dello scrittore, perché è sempre difficile da ammettere, anche se «è la cosa che desideravo fare più intensamente sin da quando ero piccola e che spero di poter continuare a fare nel futuro».
Le radici sono anche nei racconti della famiglia e dei nonni, quelle storie che affascinavano Maria Costanza Boldrini nei suoi primi anni di vita: «Ho sempre avuto una grande passione per la storia, per ciò che è stato, per la realtà delle cose, del rendersi conto che chi ci ha preceduto ha vissuto certe esperienze, che fanno parte anche della nostra vita. Una memoria genetica, io sono anche il mio trisnonno che rimase orfano… Tutto questo fa parte di me. Ho cercato di trasmetterlo nel mio romanzo, quando le protagoniste si rendono conto dell’infinito. Ho ben presente quando compresi il concetto e ne rimasi profondamente toccata e annichilita. C’è questo passato dietro di noi, per me qualcosa che va oltre la parola, che mi pervade completamente».
Una storia che le appartiene, «perché è la storia della famiglia di mia madre, una storia che mi ha costruita. Mi sono sentita padrona di condividerla con altri, ovviamente condendola di tante invenzioni». E l’abbondanza è un «testimone generazionale», nel senso che «si passa di madre in figlia, ma non sempre. È una caratteristica, un vizio di famiglia, un testimone, ed è compito nostro prenderci cura di quest’abbondanza, che abbiamo tutti, bisogna metterla a frutto. Quando amiamo ciò che abbiamo avuto in sorte, allora riusciamo ad amare anche noi stessi, cosa molto difficile».
Con Chiaravalle Maria Costanza Boldrini ha avuto un rapporto di odio e amore: «Da piccola – spiega ancora l’autrice – non è stato facile, anche con i compagni di classe, ho avuto le mie difficoltà… E appena ho potuto staccarmi l’ho fatto, mi sono allontanata dall’ambiente dei miei coetanei. Ma come succede spesso quando ci si allontana poi accade anche che ci si rinnamori del luogo da cui si proviene e questo è quello che è accaduto a me. Chiaravalle ha le sue peculiarità, per le donne è un paese abbastanza inusuale, qui le donne erano indipendenti già nel diciannovesimo secolo con l’impiego alla Manifattura Tabacchi. Ci sono tante cose belle, nella provinciale Chiaravalle, che ho voluto riconoscere e cui ho voluto dare luce».
L’ispirazione letteraria, lo stile, però, quelli vengono da lontano, dalla letteratura del Sudamerica, quella tanto cara all’autrice sin dalla sua infanzia: «Appartengo alla generazione che attendeva l’uscita dei libri di Harry Potter, però poi partendo da lì sono approdata a cose meravigliose. L’elemento magico presente nel mio libro è di profonda ispirazione sudamericana: Márquez, Allende, Borges, Amado».
Infine una curiosità sulla copertina del libro: «È rimasta in bilico fino all’ultimo ed è un quadro di un autore russoamericano degli anni Cinquanta, Ivan Olinsky, che si intitola La Moglie del Militare (Serviceman’s Wife, ndr), conservato allo Smithsonian Museum di Washington. Sta ai lettori associarla a una delle protagoniste: i gesti che sta compiendo sono antichi, contadini, e parlando, nel romanzo, di una famiglia che ha origine nella mezzadria, è un gesto che potremmo definire universale».