VENEZIA – Il premio Oscar Natalie Portman presenta a Venezia 75 il film Vox Lux del regista Brady Corbet (Leone del futuro nel 2015). Una storia che mescola più toni: si parte da un fatto di cronaca nera con la strage agghiacciante avvenuta in una scuola americana per mano di un adolescente borderline per poi passare alla folle ascesa di Celeste nel mondo della musica, sopravvissuta miracolosamente alla sparatoria.
Affiancata da Stacy Martin e Jude Law, Natalie Portman è impeccabile nel ruolo di popstar. La scalata al successo di Celeste comporterà anche la sua dannazione. Corbet analizza il lato oscuro della fama, intrecciando la vita dissoluta della popstar a fatti di cronaca, utilizzando registri diversi che non risultano però ben amalgamati. L’obiettivo è senz’altro quello di mostrare due lati della realtà e dell’America: uno più effimero connesso al successo e alla popolarità e l’altro alla dissoluzione della società contemporanea. Ma il risultato è confuso e non bastano le performances della Portman sul palco come Lady Gaga, Gwen Stefani e Madonna, a salvare il film. La colonna sonora è firmata da Sia, cantante australiana, plurinominata ai Grammy.
In conferenza, Natalie Portman dichiara di essersi documentata molto sulle popstar ma di non essersi ispirata a nessuna di esse in particolare. L’attrice, nella scena finale del film, sembra la versione pop del personaggio de Il cigno nero (film in concorso alla Mostra che le è valso l’Oscar nel 2011) e anche qui la sua consacrazione alla fama coincide con una inevitabile discesa agli inferi.
In Acusada, Gonzalo Tobal racconta il dramma di una ragazza che si trova invischiata nel misterioso omicidio della sua amica e compagna di studi. La storia ricorda un po’ la vicenda di Amanda Knox ma la protagonista, Lali Esposito, non riesce a dare nessuno spessore al suo personaggio che risulta anonimo e neanche troppo ambiguo come la trama richiede. L’unico momento degno di nota del film è la scena con Gael Garçia Bernal nei panni di un giornalista d’assalto che condanna alla gogna mediatica la ragazza accusata. Per il resto una pellicola assolutamente dimenticabile e a tratti pretenziosa.
Il regista tedesco Florian Henckel Von Donnersmarck, premio Oscar per “Le vite degli altri” ha girato in Germania una storia sull’identità e sul senso dell’arte. Werk Ohnr Autor, lungometraggio che dura più di tre ore fuori concorso, attraversa tre momenti della storia tedesca, dalla seconda guerra mondiale alla Repubblica Federale, raccontando la vita dell’artista Kurt Barnert. «Questo film dimostra che gli esseri umani hanno una qualità esoterica per trarre qualcosa di buono dalle difficoltà. Ogni grande opera d’arte è una prova concreta che un trauma può essere trasformato in una forza positiva», spiega così la sua opera Von Donnersmarck.
Un plauso merita a mio avviso il film di Amir Naderi, Magic Lantern con Jacqueline Bisset. Presentato nella sezione Sconfini, il regista iraniano ci propone un’opera delicata e poetica, intrisa di nostalgia per un’epoca d’oro del cinema che non c’è più ma che aleggia come un fantasma e resta eterna grazie alla magia dei film. Una grande dichiarazione d’amore per la Settima Arte, per la pellicola, le bobine e i vecchi proiettori, per i piccoli monosala e tutti quegli oggetti che oggi risulterebbero “vintage” ma che hanno caratterizzato la golden age hollywoodiana e che, nell’immaginario collettivo, esprimono tuttora ed esprimeranno sempre, l’essenza del vero cinema. Bisset incarna l’ideale di diva, come Greta Garbo o Marylin Monroe che vive come un mito irradiando di luce la scena.