ANCONA – Sono centinaia gli attori, cantanti, personaggi del mondo dello spettacolo e della moda, registi, giornalisti e scrittori che hanno aderito all’appello per la cultura lanciato dagli assessori delle principali città italiane, per dichiarare lo stato di crisi all’interno dell’intero settore culturale pubblico e privato a causa del Coronavirus. Tra i firmatari della lettera ufficiale inviata al Presidente del Consiglio e al Governo, per chiedere interventi concreti e attenzione, anche quella di Paolo Marasca, assessore alla cultura del Comune di Ancona.
Tra i primi nomi che hanno aderito ci sono Eleonora Abbagnato, Stefano Accorsi, Manuel Agnelli, Luca Argentero, Marco Bellocchio, Massimo Bray, Ascanio Celestini, Giancarlo De Cartaldo, Isabella Ferrari, Nicola Lagioia, Gigi Proietti, Leonardo Ferragamo, Luca Bizzarri, Paolo Sorrentino e moltissimi altri. La lettera è diventata ora una petizione online ed è possibile sottoscriverla.
Paolo Marasca, cosa chiedete al Governo?
«Chiediamo di dichiarare lo stato di crisi per l’intero settore culturale pubblico e privato, di estendere tutti gli strumenti disponibili di tutela dell’occupazione previsti nello stato di crisi a tutte le categorie di lavoratori, a prescindere dalle tipologie di contratto di lavoro, e di estendere, anche temporaneamente per i prossimi mesi, l’accesso al reddito di cittadinanza ad operatori, con o senza partita Iva, del settore culturale. Chiediamo anche di introdurre strumenti di tutela nei confronti dei lavoratori di un settore dove il precariato è strutturale; di intervenire sul sistema bancario per la sospensione temporanea dei pagamenti del credito a breve e medio termine e l’estensione dei termini di scadenza per una durata pari a quella della sospensione; di ampliare la platea di beneficiari del Fus e considerare il periodo di interruzione dell’attività dovuta alle disposizioni dello Stato con criteri che non generino una riduzione dei contributi assegnati, nonché destinare risorse straordinarie per compensare la caduta delle entrate proprie di enti, istituzioni e organizzazioni. Chiediamo anche al Governo di emanare norme specifiche per autorizzare gli enti locali ad operare in deroga sull’erogazione di contributi alle attività̀ culturali e la riscossione di oneri e imposte locali».
Quali sono le persone che ha subito contattato e che hanno aderito?
«Massimo Recalcati, Manuel Agnelli, Mauro Ermanno Giovanardi, Emidio Clementi, Angelo Ferracuti, Concita De Gregorio, Marco Baliani, Gian Luca Favetto. Desidero ringraziare i sottoscrittori che ho contattato ieri e che hanno immediatamente aderito, fidandosi del lavoro che stavamo facendo».
In questo periodo in cui l’Italia si è fermata, bisogna comunque darsi da fare?
«Sì e per il lavoro che svolgo, darsi da fare significa due cose: impegnarsi a livello nazionale per correre in aiuto di un settore come quello della cultura che, fragile di costituzione, è letteralmente in ginocchio; e impegnarsi a livello locale per compensare una mancanza. In entrambi i casi, s’incontra un paradosso: sembra che la cultura non abbia corpo. Di qualunque settore si parli, infatti, si parla di “attività” cessata. Per la cultura, di “luoghi” chiusi. Come se le persone prima potessero entrare in un luogo ed assistere a uno spettacolo teatrale così, di default. Senza artisti, tecnici, registi, autori, maschere etc. La stessa cosa avviene per tutti i casi in cui si chiede alla cultura un’offerta di svago telematico “per gli altri”, senza preoccuparsi degli operatori, artisti, figure della cultura che hanno bisogno di vicinanza, ma che sono anche i soli in grado di risignificare questa situazione con i loro strumenti. Per quel che concerne la prima questione (il livello nazionale), assieme a colleghi di capoluogo regionali e su un’idea di alcuni di loro, abbiamo appunto inviato al Presidente del Consiglio e al Governo la lettera ufficiale, per chiedere interventi concreti».
L’impegno a livello locale in cosa consiste?
«Stiamo creando uno spazio digitale, che sta nascendo e prenderà forma in base alla partecipazione di festival, istituzioni, operatori. Ci stanno lavorando ragazzi in gamba, in condizioni difficili, non per “intrattenere” i molti già intrattenuti, ma per permettere alla cultura di continuare a produrre e programmare, generare, stimolare, e magari, significare questo momento così simile a una distopia. Nessuno è solo, o meglio, siamo tutti soli e ora che lo tocchiamo con mano, siamo ancora più insieme».
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