ANCONA – Oltre mille quadri, un ballo con Desmond Tutu e l’incontro con Nelson Mandela. Questa è la storia di Martine Goeyens, pittrice belga, ormai anconetana d’adozione. Lei abita a due passi dal Viale e la incontriamo nella sua casa del Passetto, dove vive insieme al compagno, Roberto Di Paolo, commercialista e imprenditore, patron della fondazione Di Paolo, che promuove arte e cultura.
Mentre parliamo, seduti su un elegante divano a sorseggiare della birra, lo sguardo cade su un fermaporta del salotto: « È una scultura di Salvador Dalì, la uso come fermaporta altrimenti c’è corrente» scherza Martine, nata a Fontaine-l’Évêque, vicino Bruxelles, in Belgio.
«Vivo ad Ancona da circa 30 anni – racconta –. Da quando cioè ho conosciuto Roberto, il mio compagno. Perché non ci sposiamo? Perché non mi va, sto bene così. A cosa serve il matrimonio? A divorziare?». La pittrice e il signor Di Paolo si sono conosciuti ad Arezzo: «Rimasi colpita dalla sua bellezza. Lui era sposato e voleva che fossi la sua amante, ma io dissi no e alla fine scelse me».
Perché ha lasciato il Belgio? «Perché mio padre non mi dava la libertà di essere me stessa. Lui – ricorda – era un importante industriale e voleva che lavorassi nella sua azienda. Era un uomo severo, mentre io ero una donna libera. Me ne andai a 23 anni».
E la pittura? «L’ho sempre amata – dice –. In Belgio, quando era brutto tempo, mi chiudevo in camera e dipingevo. Il mio primo quadro? Lo ricordo ancora, era orribile (ride, ndr). Mi pare l’abbia comprato un giudice».
Dipinge ad Ancona, Goeyens, e lo fa soprattutto «al Mandracchio, nei pressi della Mole Vanvitelliana, ma anche nel mio studio, a casa. Ho avuto la fortuna di esporre in giro per il mondo – prosegue –. Anni fa, ho esposto anche a Bruxelles, presso la sede della Commissione europea. Fu una bella esperienza».
Entriamo nel suo studio, che è praticamente una galleria: ci sono foto di lei con Rosanna Vaudetti, Maria Giovanna Elmi, Gisella Sofio, Andy Luotto, Neri Marcorè e Desmond Tutu. «Con Rosanna Vaudetti ci sentiamo spesso. E Desmond Tutu, arcivescovo anglicano che si batté a lungo per i diritti, era una persona super gentile. Ballammo insieme un cha cha cha sulla nave. E che dire di Mandela? Un grande uomo che seppe restare umile. Una persona straordinaria, come la moglie. Parlava senza altezzosità. Lo incontrai a Valencia, in Spagna».
Lei è un’impressionista ma dipinge pure quadri moderni, come illustra alla perfezione: «Il mio ultimo quadro è informale, ma ora non devo più firmarli davanti – spiega – così chi guarda può scegliere da che lato osservarli». Il mare, la notte, il Conero: le Marche sono presenti nelle sue opere, perché «è inevitabile venire influenzati dal posto in cui si vive».
«Cosa penso di Ancona? Che è un po’ spenta. Infatti vado spesso fuori, a Roma o Milano, per esempio. Faccio vita sociale altrove, anche se un po’ mi dispiace. Qui ci sono poche attrazioni artistico-culturali, pochi eventi. Ancona è un capoluogo di regione. Potrebbe (e dovrebbe) fare molto di più, soprattutto d’inverno. Di questa città adoro il Viale della Vittoria, il Passetto o Numana, dove sei completamente immersa nella natura».
E i quadri? «Sono come figli. Quelli più belli sono un po’ matti, proprio come me. Li creo soprattutto la notte, quando c’è un silenzio totale, poche luci, nessuna distrazione. Mentre il pennello va mi piace ascoltare la mia musica preferita, da Aznavour a Edith Piaf, passando per Yves Montand e Sylvie Vartan. Perché per dipingere bene, occorre essere felici, circondati dalla serenità. È questo che vorrei trasmettere attraverso i miei quadri».