JESI – L’arte può influire sulle coscienze appiattite della modernità? Il regista, baritono e cantante lirico, Marco Filiberti, ha cercato di dare una risposta nel suo “Intorno a Don Carlos: prove di Autenticità”. Il nuovo spettacolo in anteprima al Moriconi di Jesi il 17 e 18 marzo, al termine di una residenza creativa iniziata l’8 marzo scorso ispirata al Don Carlos di Friedrich Shiller.
«E’ stato un lavoro di preparazione lungo, articolato e affiatato – ha detto il regista – Ho seguito questo progetto con una disperata attenzione al risveglio delle coscienze, ormai appiattite, dell’uomo contemporaneo e della sua assenza di meta, di radici, di grazia, di bellezza, di spazio, di silenzio. Gli attori sono corpi poetici, fatti di intelligenza creativa ed organica. Non mi è mai capitato di lavorare con un gruppo con cinque individualità così spiccate. Volevo verificare se si può fare teatro senza bisogno di rincorrere il topos invecchiato che una produzione debba essere letta tra i componenti del gruppo. Il lavoro con il Don Carlos di Shiller è stata una riduzione estrema dell’opera drammaturgica, poi i flussi di coscienza dei cinque personaggi principali». Nel secondo atto, lo spettacolo nello spettacolo: «Ci avviciniamo all’immolazione di Rodrigo: una lunga scena in cui c’è una interconnessione tale che lo spettacolo esce da se stesso».
Gli attori. Matteo Tanganelli, nel ruolo di Don Carlos: «E’ un ruolo non estraneo – spiega – molte delle tensioni che lo muovono le sentiamo tutti, sente il bisogno di essere amato. Diventa un archetipo che attraversa tutte le epoche». ogni personaggio è un archetipo, come la Regina Elisabetta, interpretata da Diletta Masetti: «Non è una regina fredda ma una donna piena di sfaccettature, fragile che arriva alla pazzia quando capisce che non può raggiungere la felicità». Stefano Guerrieri è Filippo II: «Ho avuto paura di questo personaggio, perché molto diverso da me». Luca Tanganelli è Rodrigo: «Un rapporto speciale quello tra questo personaggio e Don Carlos. E’ l’archetipo di quella gioventù piena di ideali che vorrebbe cambiare il mondo». Giovanni De Giorgi è il Duca d’Alba: «La sua è una visione del mondo molto precisa: rappresenta la guerra, è il più sistemico rispetto al mondo di oggi». Le scene sono di Benito Leonori, light designer Mauro Toscano, costumi Daniele Gelsi, sound designer Stefano Sasso.
La residenza creativa nasce nell’ambito delle attività del Centro Studi Valeria Moriconi: «Non è un caso – ha aggiunto William Graziosi per la Fondazione Pergolesi Spontini – che Filiberti, con il quale mi lega una grande amicizia, abbia questo spazio». Provocatorio e violentemente poetico, lo spettacolo unisce la teatralità alla danza aspetto su cui ha lavorato il coreografo Emanuele Burrafato, cercando di rendere i movimenti degli attori (non tutti provenienti dal mondo della danza) il più spontanei e naturali possibile. Il sodalizio di Filiberti con Jesi è iniziato nel 2008 quando girò al Pergolesi la scena iniziale del film “Il Compleanno”, in concorso alla Mostra di Venezia. Per il cinema ha girato anche “Cain” (2015) e “Poco più di un anno fa – Diario di un Pornodivo” (2003) cercando sempre di contraddire il mito dell’uomo contemporaneo. Nel 2012 tornò a Jesi e al Moriconi debuttò con “Byron’s ruins” ispirato al poeta romantico inglese. Quest’ultimo spettacolo, insieme a “Conversation pieces” e “Il Crepuscolo di Arcadia”, fanno parte del cofanetto “Il pianto delle Muse” a cura di Pierfrancesco Giannangeli, che verrà presentato sabato 17 marzo al Foyer del Teatro Pergolesi, ore 17.