SENIGALLIA – Un po’ il suo carattere schivo, un po’ il fatto che Riccardo Gambelli abbia scattato fotografie solo per 8 anni hanno lasciato in ombra il senigalliese, classe 1931. Eppure non è solo l’amico di Mario Giacomelli, non è solo uno degli allievi di Giuseppe Cavalli, non è solo l’ultimo testimone marchigiano dell’associazione fotografica “Misa”: è un fotografo di valore di cui solo ultimamente si sta riscoprendo il talento.
Si perché, in realtà alcuni premi li aveva vinti già negli anni ‘50 quando iniziò a scattare e a formarsi a livello tecnico e artistico. Ma è solo negli ultimi anni, tra mostre e pubblicazioni, partecipazioni a laboratori e incontri, che Senigallia gli sta attribuendo il riconoscimento che Riccardo Gambelli merita. Anche se non altrettanto fanno i senigalliesi. Ma spesso si sa, nessuno è profeta in patria.
La sua attività fotografica comincia nei primi anni ‘50, quando a Senigallia si forma spontaneamente un gruppo di appassionati di fotografia che si raduna attorno alla figura di Giuseppe Cavalli (1904-1961), Ferruccio Ferroni (1920-2007) e Mario Giacomelli (1925-2000), proprio nella tipografia di quest’ultimo. Riccardo Gambelli, allora un fattorino poco più che ventenne, non ha mai frequentato circoli fotografici come “La Bussola” (1947-1957) a Milano o “La Gondola” a Venezia (dal 1948) ma è già un appassionato di fotografia: la voglia di mettersi in gioco lo porterà a scattare e ad approfondire diversi temi, dalle questioni tecniche a quelle più artistiche, nel nascente gruppo fotografico “Misa”.
Gambelli ha da un lato la fortuna di conoscere Cavalli, Ferroni e Giacomelli nel momento in cui iniziano le discussioni fotografiche e i primi provini; dall’altro ha delle incombenze, come il lavoro, che sottraggono tempo prezioso all’esercizio fotografico, e la questione economica: scattare significava investire parecchie risorse e per chi non era di condizione agiata non era sempre possibile. «Io allora prendevo come stipendio 4mila lire, ma un rullino ne costava 500 e c’erano 12 foto. Se a questi ci aggiungevi i costi degli altri materiali per la camera oscura, ti accorgi di come fosse impegnativo fare fotografie, ed ecco spiegato perché se ne occupavano principalmente persone benestanti o coloro che lo facevano di mestiere».
Ed ecco comparire quindi i primi paesaggi: non di mare, come ci si aspetterebbe da un fotografo di una città costiera, ma della terra e delle sue persone. Prima il lavoro in bicicletta, poi i percorsi in treno danno a Riccardo Gambelli l’opportunità di osservare ogni angolo della sua città da vicino e i paesaggi meno urbanizzati da lontano. Ai paesaggi seguono poi i ritratti (compreso quello di Giacomelli, mentre lui ne fa uno a Gambelli) delle persone che lavorano, che passeggiano in strada, le figure ambientate, le nature morte, lo still life e infine gli sguardi sul mare e sulla spiaggia.
In ogni parte della sua produzione fotografica, però, si possono notare alcune connotazioni stilistiche e compositive: dall’attenzione alla creazione della foto e alla sua composizione, alla ricerca attenta del momento esatto per scattare, all’equilibrio tra i vari soggetti rappresentati e l’immagine nel suo insieme, anche nella luce che attira il lettore in modo elegante, mai chiassoso, quasi a rispecchiare l’anima dell’autore.
Poi arriva la famiglia e la fotografia viene accantonata. «Quando ho dovuto rinunciare a scattare – ricorda Riccardo Gambelli – me ne sono distaccato completamente: non solo per questioni lavorative e familiari, ma anche perché ero appassionato e mi piaceva dedicarmici con attenzione. Allora imparavi a sfruttare al massimo ogni situazione, a studiare la scena nella testa, ancora prima di recarti sul posto e scattare solo quando ciò che vedevi era identico o molto simile all’idea che avevi in mente. Non ci si poteva permettere di sprecare scatti “preziosi”, come avviene invece oggi col digitale».
Gambelli e Giacomelli spesso fotografano in coppia, sotto i consigli e i giudizi di Cavalli ma pian piano il primo si allontana dalla pratica fotografica e dalla ricerca artistica. Nel frattempo il lavoro di Giacomelli e dell’associazione fotografica Misa va avanti, anche dopo la morte di Cavalli: i giovani a cui il gruppo era stato aperto prendono un po’ le redini e Giacomelli prende la sua strada che lo porterà poi al meritato successo.
Di contro Riccardo Gambelli rimane sempre in disparte nelle manifestazioni della Senigallia artistica, che si appresta a divenire “Città della Fotografia”: negli ultimi anni sono i figli a spingere prima per il giusto riconoscimento della sua seppur breve attività fotografica, poi è il museo comunale d’arte moderna, della fotografia e dell’informazione (Musinf) ad attribuirgli valore e spessore culturale, anche oltre il confine cittadino e regionale, con varie iniziative. Tra nature morte e still life, oltre le geometrie dei primi paesaggi o i contrasti degli ambienti urbani.