Cultura

Il diritto di contare, al cinema la storia delle tre donne straordinarie della Nasa

Katherine G. Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson sono i nomi delle tre matematiche afroamericane, eroine sconosciute a cui la corsa allo spazio statunitense tanto deve

Taraji P. Henson nel film "Il diritto di contare" (Foto: 20th Century Fox)

Nel giorno della Festa della donna, l’8 marzo, esce al cinema la storia di tre donne straordinarie: Katherine G. Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson. I loro nomi non sono di certo noti ai più, né vengono insegnati a scuola, eppure le loro competenze scientifiche unite alla loro audacia sono state indispensabili alla Nasa nei progressi per portare l’uomo nello spazio. Katherine, Dorothy e Mary avevano però un doppio “difetto”: essere donne e per di più nere, nell’America separatista degli anni Sessanta.

Le vicende di queste tre donne valorose è narrata da Il diritto di contare di Theodore Melfi, pellicola candidata a tre Oscar e rimasta a mani vuote. Film gradevole e profondamente umano, ricco anche di momenti di humour, concede solo piccoli cali di tensione emotiva. Ha il forte merito di portare fuori dall’ombra queste tre brillanti donne afroamericane, i cervelli dietro le più grandi operazioni della storia americana. Un trio visionario che ha attraversato i confini di genere e di razza per ispirare le generazioni successive e spronarle a sognare in grande.

Le interpretano Taraji P. Henson, Octavia Spencer e la cantante Janelle Monáe al suo esordio cinematografico (vista anche nel film premio Oscar 2017 Moonlight). Accanto a loro Kevin Costner, nel bel ruolo del capo burbero che sa scovare e apprezzare il talento, a prescindere dal colore della pelle e dal sesso.

FOTOGALLERY DEL FILM “IL DIRITTO DI CONTARE” (Foto: 20th Century Fox)

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Nella storia americana pochi traguardi sono stati tanto celebrati quanto il programma spaziale e i primi viaggi dal valore sempre più idealistico per portare l’uomo in quel cosmo che ha contemplato fin dalla notte dei tempi. Al presidente Kennedy viene dato il merito di avere galvanizzato il paese spingendo gli americani a sognare in grande; gli astronauti che hanno compiuto i primi rischiosi voli verso l’ignoto sono diventati delle icone; agli scrupolosi ingegneri della Nasa addetti al controllo delle missioni è stato reso onore per essere riusciti a lavorare sotto pressione con coraggio e tenacia. Tuttavia vi sono altri eroi sconosciuti e non celebrati nella corsa allo spazio. In particolare, un gruppo di donne matematiche, delle vere e proprie pioniere, che hanno aperto nuove strade grazie alle quali si è raggiunta in America una maggiore diversità di genere e uguaglianza in campo scientifico. È a loro che si devono i calcoli matematici che hanno permesso il lancio di John Glenn in orbita intorno alla Terra all’incredibile velocità di oltre 17.000 miglia orarie per compiere tre volte il giro del pianeta.

Per Katherine G. Johnson (Henson), Dorothy Vaughan (Spencer) e Mary Jackson (Monáe) la possibilità di utilizzare la conoscenza e la passione che possedevano prese forma di pari passo con il mutamento del tessuto sociale della nazione a seguito della seconda guerra mondiale.

Classe 1918, Katherine G. Johnson, principale protagonista del film, è l’unica ancora in vita delle tre magnifiche matematiche. Quando arrivò alla Nasa, a motivarla prima di tutto fu la curiosità verso il mondo; non attirò mai l’attenzione su di sé né si sentì mai un’eroina. “Il mio approccio era semplice: se qualcuno mi chiedeva di risolvere un problema, io lo facevo”, afferma con tono di ovvietà. “Ma volevo capire sempre meglio l’importanza di ciò che facevamo. Nel caso di un calcolo, volevo sapere a che cosa serviva e perché fosse vitale”.

Nonostante il suo triplice ruolo di madre single con tre figli da crescere, di donna afroamericana che doveva farsi strada in una società governata dalle leggi Jim Crow e di risorsa di primo piano della Nasa, la Johnson non si è mai sentita non all’altezza dei suoi compiti. “Una donna surclassa sempre un uomo nel gestire contemporaneamente più attività, quindi per me non era un problema”, è il suo commento. “E alla Nasa lavoravamo tutti per un obiettivo comune, che ne fossimo consapevoli o no”.

Da YouTube il trailer del film Il diritto di contare:

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