Cultura

Il poeta dell’industria, ecco Paolo Volponi

Nasce a Urbino il 6 febbraio del 1924 e muore in Ancona nel 1994. Nelle sue pagine ha fatto conoscere anche i piaceri della sua terra

Sono spesso le grandi città a dare lustro ai personaggi. Vengono dalla provincia, spesso dalla campagna, e trovano la loro soluzione alla vita insegnando o inserendosi in grandi contesti culturali o addirittura, in molti casi, aziendali. Paolo Volponi è uno di questi. Nato a Urbino il 6 febbraio del 1924 ed è morto in Ancona nel 1994, dopo aver fatto assaggiare i piaceri della sua terra in molti dei suoi romanzi è stato soprattutto osservatore della società e dell’uomo, che succedendo di qualche decennio i vari Pirandello, Svevo o Kafka, ritaglia nell’Italia degli anni 60 e 70 i problemi dell’homo contemporaneo. Una pietra miliare della letteratura nostrana nata fra le imponenti mura di una delle roccaforti della cultura italiana, Urbino.

LA POETICA

Dieci opere poetiche e otto romanzi, più alcuni saggi e raccolte, racchiudono la produzione di Paolo Volponi, che va comunque ricordato come essere sempre stato valorizzato con piacere da poeti insigni quali Raboni o Fortini. Quest’ultimo fu uno dei suoi iniziatori al successo e alla notorietà. Più in generale si può dire che Volponi è stato una figura “chiacchierata” date le sue riflessioni e tematiche affrontate su carta. In primis forse va ricordata la sua attenzione verso il boom industriale, che contrariamente a Pasolini riteneva anzi positiva. Come è noto è stato lui stesso operativo nel mondo industriale, passando per noti uffici come la Fiat, l’Olivetti, e la Finarte.

Attivo politicamente, l’urbinate si è sempre fidato ciecamente della prosperosità e dell’illuministica soluzione delle fabbriche e dei processi industriali. Oltre a queste riflessioni dall’ambito filantropico e libertario c’è sempre stata in Volponi una grande attenzione all’alienazione umana, il motivo ricorrente della degradazione dell’essere sotto i colpi della nuova filosofia capitalistica occidentale. L’impossibilità di sovvertire il sistema se non tramite il comunismo ben si nota in romanzi come “La macchina mortale” (Milano, Garzanti,1962) o “Le mosche del capitale” (Torino, Einaudi,1989); il tema ha condotto lo scrittore e poeta marchigiano a scontrarsi con buona parte della corrente letteraria di quegli anni difficili, rendendolo un autore unico e distanziato dai suoi contemporanei.

Le sue opere permettono al lettore di riflettere più che di leggere, per permettere una critica e un senso di giudizio verso una realtà che ha sradicato l’uomo dai suoi principi morali. In una prosa che si compone fra il poetico e il saggistico, come tra l’altro la materia delle sue produzioni, Volponi è forse il più grande autore marchigiano contemporaneo.

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