JESI – Il presidente del Coni Giovanni Malagò lo aveva auspicato e anticipato poco più di un mese fa, facendo visita in via delle Nazioni al cantiere della nuova Casa della Scherma che sta sorgendo. E ora il docufilm che racconta l’origine di «numeri straordinari e modello virtuoso» del Club Scherma Jesi di cui il numero uno dello sport italiano aveva parlato è pronto ad esser presentato: si chiama “L’ultimo assalto”, tratta la straordinaria vicenda umana e sportiva del fondatore della scuola di scherma jesina Ezio Triccoli e andrà in onda in esclusiva su History Channel lunedì prossimo 30 ottobre alle 21,50. Ma in anteprima sarà presentato alla città di Triccoli e degli ori del fioretto, con una serata evento, venerdì prossimo 27 ottobre alle 21, al Teatro Pergolesi.
Il Teatro jesino ancora una volta si unirà, per una sera, all’altro grande cuore della città, le sue glorie sportive. E se in passato proprio sul palco del Pergolesi è accaduto di festeggiare i successi sulla ribalta olimpica e mondiale ottenuti da campioni e campionesse del Club Scherma Jesi, questa volta ad essere celebrata sullo scenario più prestigioso sarà la figura che di tutta quella grande storia è l’origine, Ezio Triccoli. Ne “L’ultimo assalto – L’epopea di un uomo che ha cambiato la storia dello sport”, fra le toccanti testimonianze che raccontano Triccoli ci sono quelle delle figlie Maria Cristina e Maria Paola, dei campioni olimpici Stefano Cerioni (attuale CT della nazionale di fioretto), delle campionesse olimpiche Giovanna Trillini e Elisa Di Francisca e ancora di Giovanni Malagò, Renzo Musumeci Greco (maestro d’armi), Paolo Morosetti (ex allievo del maestro), Roberto Gagliardi (ex allievo del maestro), Massimo Carboni (ex direttore RAI Ancona). Alla serata del Pergolesi sarà possibile partecipare a ingresso libero ma, da oggi 24 ottobre, su prenotazione obbligatoria alla biglietteria del Pergolesi (0731-206888, biglietteria@fpsjesi.com).
“L’ultimo assalto” è una produzione Apollo Media realizzata da Ivan Villa, marito di Elisa Di Francisca, con il patrocinio di CONI e Federscherma e diretta da Stefano Mignucci; il soggetto è di Fausto Brizzi e la sceneggiatura di Giovanni Filippetto e Cosimo Calamini. Il documentario è stato realizzato in collaborazione con Fondazione Marche Cultura, Marche Film Commission e Comune di Jesi.
Il documentario «racconta – descrivono gli autori – l’incredibile storia di un uomo che, dopo aver scoperto di possedere un talento, ne ha fatto la zattera di salvataggio per superare la prigionia e la chiave per una nuova vita, finita la guerra. La storia di Ezio Triccoli comincia infatti in un campo di prigionia in Sudafrica, a Zonderwater, dove viene internato il 10 dicembre 1940, cinque mesi dopo essere stato richiamato alle armi. Ci resterà per sette anni. Quello di Zonderwater è stato il più grande campo di prigionia costruito dagli alleati durante la Seconda guerra mondiale; ha ospitato tra il 1941 e 1947 oltre 100mila soldati italiani, catturati dagli inglesi nei fronti dell’Africa settentrionale e orientale. Come in altri campi, i prigionieri di Zonderwater per non soccombere hanno creato scuole di lingue, per analfabeti o professionali, e dato vita ad attività teatrali, musicali e sportive. Ezio inizia per caso a tirare di scherma con un sottoufficiale inglese e scopre di avere un talento innato. Ma il modo in cui apprende questa arte – è l’anatomopatologo Serafino La Manna, come lui prigioniero, a suggerirgli come modificare le mosse perché siano più efficaci – lo porta a fargli tentare l’impossibile: rivoluzionare la scherma, abbandonando i vecchi schemi. Dopo la fine della guerra, tornato nelle Marche, fonda a Jesi una scuola di scherma leggendaria, nella quale con convinzione, nonostante le critiche e le difficoltà, segue il proprio metodo e lo cuce addosso ad ogni giovane allievo del quale sa riconoscere le doti nascoste. La sua scuola diventa un punto di riferimento nella scherma moderna, una vera fabbrica di medaglie olimpiche, conquistate dai suoi atleti più rappresentativi. Per Carlo Annese, giornalista e autore del libro I Diavoli di Zonderwater, che nel documentario è voce narrante, la storia di Ezio Triccoli rappresenta “la determinazione, la genialità e la capacità di adattamento tipicamente italiane, l’abilità di trasformare anche i momenti più drammatici in una opportunità di crescita e di affermazione del proprio talento”».