MILANO- Il mondo museale italiano ha abbracciato da poco tempo, due settimane, un altro importante autore nelle proprie sale. Al palazzo Reale di Milano, in concomitanza con la neo inaugurata esposizione su Manet, ecco “Keith Haring: about art“, l’esibizione espositiva sul genio di fama mondiale della pittura newyorkese. Dal 21 febbraio al 18 giugno saranno ben 110 le opere che il complesso museale sulla destra del Duomo ha esposto, di cui alcune mai viste in Italia. La mostra è ben strutturata, impostata su un percorso che permette allo spettatore di seguire i vari temi su cui Haring si è focalizzato.
Le basi su chi l’artista americano ha lavorato sono di diversi ambiti, da una non propria ripresa del fumetto alla mitologia, dalle opere di Bosch all’etnologia. Proprio in merito alla sezione dedicata all’artista seicentesco, gli organizzatori della mostra hanno installato degli schermi che permettono di vedere gli specifici rimandi e riproposizioni in chiave personale di Haring delle opere di Bosch.
Non mancano opere di artisti minori o di tutt’altro ambito a cui Haring si è ispirato, come una realizzazione in pietra di Michelangelo o un dipinto di Chagall. Le opere hanno dimensioni di ogni tipo, da lunghe strisce oblique a tele che ricoprono una parete. Stupisce poi il finale con una serie di realizzazioni dello stesso Haring in formato multimediale, con video che riportano un suo arresto nella metro di New York o la sua ultima realizzazione, quella nel convento di Sant’Antonio a Pisa. Curiosa e bizzarra è la sequenza di smorfie e parodiche imitazioni che Haring esegue in un piccolo schermo. Per info:
http://www.palazzorealemilano.it/wps/portal/luogo/palazzoreale/mostre/inCorso/KEITH_HARINGer maggiori info
CHI E’ HARING
Keith Haring nasce nel 1958 a Reading, in Pennsylvania, che lascerà su suggerimento dei genitori, continuando il percorso formativo a Pittsburgh. Qui la sua arte e la sua educazione grafica si sviluppano fino all’approdo a New York, dove studierà alla prestigiosa School of Visual Art. Era la Grande Mela di Warhol e dello Studio 54, una vita affascinante e pericolosa in cui iniziarono a emergere le insidie dell’AIDS. Come molti artisti dell’epoca Haring ci mise un po’ a dichiarare la sua omosessualità, praticandola in segreto e nascondendo poi la contrazione della malattia che ne caratterizzò molti lavori: l’AIDS. E la vita newyorkese fatta di club e pittura lo portò a incontrare le grandi ispirazioni delle sue opere, che tuttavia l’artista ne ha ammesso la libera interpretazione da parte del lettore visivo.
“Dipingo immagini che sono il risultato delle mie esplorazioni personali. Lascio ad altri il compito di decifrarle, di capirne i simbolismi e le implicazioni. È responsabilità dello spettatore o dell’interprete che riceve le mie informazioni farsi le proprie idee e interpretazioni al riguardo.” K.H.
Per tanto i riti afroamericani, il fumetto, l’AIDS e il potere delle forme archetipe hanno lasciato nella mente di Haring un segno tale da diventare poi soggetti di opere. Egli è stato uno dei maggiori esempi di controcultura sociale e culturale, espressione di un’America che dipinse attraverso una sua personale semiotica. La stessa che ha portato ad allucinanti realizzazioni, oggi celebrate come produzioni di un indiscusso genio artistico che ha rappresentato il mondo con ogni tipo di colore e forma, dando vita a una realtà dove chi guarda può vedere qualcosa che gli altri non vedono, con un gioco di significati nascosti e personali interpretazioni. L’artista si spense a New York nel 1990 a soli 31 anni, pianto da tutto il mondo dell’arte e in particolare dall’elitè culturale che frequentava nella Grande Mela, la sua vera casa.
” Ora vivo a New York, che ritengo essere il centro del mondo. Il mio contributo sul mondo è la mia abilità nel dipingere. Io dipingerò per più persone possibili il più a lungo possibile.” K.H.