Cultura

La Fondazione Claudio Venanzi tra arte e architettura del XX secolo

Nel ricordo del politico anconetano, di cui ricorre l'8 novembre l'anniversario della nascita, proseguono gli incontri culturali alla Facoltà di Economia dell'Università Politecnica delle Marche

Una delle conferenze promosse ad Ancona dalla Fondazione Claudio Venanzi
Una delle conferenze promosse ad Ancona dalla Fondazione Claudio Venanzi

L’8 novembre, data di nascita di Claudio Venanzi, ricorre il sesto anniversario della Fondazione che porta il nome del politico anconetano, amministratore comunale e della Provincia di Ancona, scomparso il 19 marzo del 2007. Nacque, la Fondazione, l’8 novembre del 2011, il giorno in cui Claudio avrebbe compiuto 61 anni, in seguito all’iniziativa di Tullio e Claudia Santarelli, zii di Claudio Venanzi, che destinarono l’eredità ricevuta per questa iniziativa sociale e scientifica. Ben presto a loro si aggiunsero la Cna provinciale, presso cui Claudio Venanzi aveva lavorato, e gli amici Maria Rita Rossini, Simone ed Aldo Pizzi. Lo scopo dell’associazione è perpetuare il ricordo di Venanzi nella sua città, promuovendo incontri e conferenze dedicate ad arte, informazione e cultura, valorizzazione della natura, tutela diritti civili; si occupa inoltre di istruzione, formazione, ricerca, beneficenza. Una mission che nei soli cinque primi anni della sua attività ha “generato” 85 conferenze seguite da oltre 30.000 partecipanti, mentre i sostenitori nel 2016 hanno raggiunto il numero di 250 (+52), gli sponsor sono saliti a 13 (+30%).

Claudio Venanzi

Particolarmente intenso il programma del 2017 in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, con 17 incontri divulgativi presso la Facoltà di Facoltà di Economia, Aula A. Sul finire d’anno, altri incontri attendono studenti e pubblico, sul tema “Arte e architettura in Italia. La prima metà del XX secolo”, con quattro conferenze ad ingresso libero a cura del prof. Roberto Cresti della Università di Macerata. A dare il via al quarto ciclo di conferenze, lunedì scorso, è stata la conferenza su “Umberto Boccioni e Antonio Sant’Elia: Il dinamismo futurista e la città infinita”.

Il prossimo appuntamento sarà lunedì 20 novembre alle ore 18.30 su “Giorgio De Chirico, Gio Ponti e Giovanni Muzio: Luce e ombre novecentesche”, con un focus sui tre grandi maestri del XX secolo. Dalle Piazze d’Italia ai dipinti metafisici, Giorgio De Chirico (1888-1978) creò una visione “meridiana” della pittura e dell’intera realtà che, dopo la Grande Guerra, fu ripresa e modellata dall’ideale di un “ritorno all’ordine” che avrebbe rinnovato la fisionomia delle città italiane. Gio Ponti (1891-1979) e Giovanni Muzio (1883-1982) ne furono interpreti ed estensori di genio, creando un gusto al tempo stesso innovativo e tradizionale sulle scene della vita sia pubblica che privata.

“Marcello Piacentini, Mario Sironi e Arturo Martini: La vertigine dello stile littorio” è il tema della conferenza di lunedì 4 dicembre sempre alle ore 18,30. Si parte dalla figura di Piacentini (1881-1960), architetto organico al regime fascista, e suo esponente di punta, che sviluppò una concezione delle forme progressivamente monumentale. Volle così dare l’idea di una nazione che si era trasformata in un Impero e di una ideologia politica che si proclamava fondatrice di un irreversibile ordine sociale. Tale vertigine fu condivisa da un pittore come Mario Sironi (1885-1961) e da uno scultore come Arturo Martini (1889-1947), i quali furono travolti dalla catastrofe della seconda guerra mondiale.

Lunedì 18 dicembre si chiude con “Giuseppe Pagano: ‘Casabella’ e gli astrattisti de ‘Il Milione’”. Spirito inquieto e insieme pratico, Giuseppe Pagano (1896-1945) rinnovò profondamente l’architettura italiana con una visione sociale ispirata a un funzionalismo attento però ai valori formali. La direzione di “Casabella” gli consentì, dal 1933 al 1943, di esercitare una influenza su tutta la cultura nazionale e di mantenere un dialogo con tendenze pittoriche d’avanguardia, come l’astrattismo lombardo che ebbero un decisivo punto di raccolta nella galleria milanese de “Il Milione”. L’illusione di poter influire sull’architettura di regime lo portò ad ingaggiare una dura lotta di principi fino al passaggio all’antifascismo e alla causa della Resistenza. Morì nel campo di concentramento di Mauthausen pochi giorni prima della fine della guerra.