Nulla ha potuto contro lo strapotere della Disney, che si è portata a casa l’Oscar al miglior film d’animazione con Zootropolis. Tra i giganti americani, però, la coproduzione franco-belga-nipponica La tartaruga rossa ha fatto bella mostra di sé, rientrando nella prestigiosa cinquina finale dei cartoon di maggior pregio. Nota di valore al cinema d’animazione europeo che ha piazzato tra i primi cinque anche il cartoon franco-svizzero La mia vita da zucchina, quello che più avrebbe meritato di vincere la statuetta.
Diretto dall’animatore e illustratore olandese Michaël Dudok de Wit, La tartaruga rossa arriva al cinema come uscita evento il 27, 28 e 29 marzo con Bim Distribuzione. Tra i produttori c’è niente meno che lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki. Privo di dialoghi, ha dei disegni realistici ma essenziali, accattivanti grazie alla loro sincera semplicità.
Alcune immagini del film “La tartaruga rossa” (Foto: Bim Distribuzione)
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Attraverso la storia di un naufrago su un’isola tropicale deserta e popolata di tartarughe, granchi e uccelli, racconta le grandi tappe della vita di un essere umano. Dopo un naufragio, un uomo si trova a combattere per la sopravvivenza. Tenta più volte di fuggire dall’isola con una zattera da lui costruita, ma tutte le volte è ostacolato da una creatura sottomarina, una grande tartaruga rossa… E ci fermiamo qui nello snocciolare la trama per evitare di fare spoiler e per lasciare spazio alla poeticità silenziosa della storia.
“Il film racconta la storia in modo lineare e circolare e utilizza il tempo per parlare dell’assenza di tempo, un po’ come la musica può mettere in rilievo il silenzio”, spiega Michaël Dudok de Wit. “È un film che racconta anche che la morte è una realtà. L’essere umano tende a contrastare la morte, ad averne paura, a lottare per scagionarla e si tratta di un atteggiamento molto sano e naturale. Eppure si può avere nello stesso momento una bellissima comprensione intuitiva del fatto che siamo pura vita e non abbiamo bisogno di opporci alla morte. Spero che il film trasmetta un po’ questo sentimento”.
L’elemento magico irrompe a un certo punto della narrazione, spiazzando e destando qualche perplessità. Fa cambiare improvvisamente il registro e anche l’equilibrio della storia.
“L’idea di creare una storia con una grande tartaruga è venuta abbastanza rapidamente. Avevamo bisogno di avere una creatura dell’oceano imponente e rispettata”, racconta il regista sceneggiatore. “La tartaruga marina è solitaria e pacifica e per lunghi periodi scompare nell’immensità dell’oceano. Dà la sensazione di essere vicina all’immortalità. Il suo colore rosso intenso le si addice e spicca sul piano visivo. Abbiamo ragionato a lungo sull’opportunità di mantenere un certo livello di mistero nella storia. Nei film dello Studio Ghibli, per esempio, la presenza dell’elemento misterioso è sfruttata molto bene secondo me. È evidente che il mistero può essere magnifico, ma non deve esserlo al punto da sganciare lo spettatore dalla storia. È importante generarlo in modo sottile… E senza utilizzare le parole, dal momento che il film è privo di dialoghi. È molto semplice spiegare una cosa con una battuta, ma ovviamente esistono altri mezzi. Penso in particolare ai comportamenti dei personaggi, alla musica e al montaggio. E, in assenza di dialoghi, il suono della respirazione dei personaggi diventa naturalmente più espressivo”.
Ecco il trailer de La tartaruga rossa:
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