JESI – Un incontro pubblico e la proiezione di un documentario sulla tragedia delle foibe. Appuntamento venerdì 10 febbraio al teatro Il Piccolo di San Giuseppe, promosso da comune di Jesi: “Il giorno del ricordo. Per non dimenticare la tragedia delle foibe” il titolo dell’incontro aperto alla cittadinanza. Introdurrà la docente Patrizia Taglianini del Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Jesi.
Eventi brutali datati fra il 1943 ed il 1947 seguiti dall’”esilio” di italiani in Italia. Fatti che per quasi cinquant’anni sono stati avvolti dal silenzio della storiografia e della politica e che ancora oggi, basta leggere i giornali, appare quasi impossibile raccontare con rispetto ed equilibrio. Diecimila persone gettate vive o morte nelle foibe, i grandi inghiottitoi di origine naturale che caratterizzano il territorio carsico, e poi centinaia di migliaia di italiani costretti a lasciare le loro terre, l’Istria e la Dalmazia, per ritrovarsi esuli nella loro stessa nazione. Perché è ancora così difficile parlarne? I fatti necessitano di una lettura oggettiva e, soprattutto, le persone meritano rispetto. La speranza degli organizzatori è in una massiccia presenza di giovani, oltre agli studenti delle scuole superiori che saranno presenti.
«Il tema foibe è ancora aperto, perché il termine generale finisce per essere generico, se non si tiene conto che ci sono state più foibe, quelle del 1943 e quelle del 1945, con connotati assai diversi e tutte meritevoli di ricerche e approfondimenti» osservava Carlo Smuraglia, presidente nazionale del’Anpi in occasione dell’evento nazionale svoltosi a Milano lo scorso anno. «Non c’è stato un solo esodo – ha aggiunto – ma diversi esodi, anche diversamente motivati, in periodi storici differenti, pur esistendo un fenomeno, quello comunemente definito “degli esuli istriani e delle zone di confine” che prevale su ogni altro. Le motivazioni degli esuli non possono essere ricondotte ad un unico filone, essendovi stata – invece – una pluralità di ragioni a determinare una scelta tutt’altro che unica e tutt’altro che riconducibile a quel “nazionalismo” elementare e perfino ristretto, al quale, talvolta, qualcuno vorrebbe ricondurre un fenomeno così drammatico».