JESI – Grande attesa per il T-Rap Festival, il contest canoro rivolto ai giovani artisti emergenti del genere trap, rap, hip-hop, che si svolge questa sera alle 21 a piazzale San Savino a Jesi, punto di contatto tra culture. L’evento è uno degli appuntamenti della quarta edizione del San Savino Linking Festival che animerà San Giuseppe, il quartiere multiculturale cittadino.
Ospite d’eccezione il cantante di origini italo-congolesi Michel Mudimbi (in arte Mudimbi), nato nel 1986 a San Benedetto Del Tronto, che ha partecipato fra le “Nuove proposte” all’ultima edizione del festival di Sanremo con la canzone “Il Mago”.
Mudimbi, stasera sarai uno dei protagonisti del San Savino Linking Festival, l’evento che celebra l’integrazione tra etnie e generazioni del quartiere. Perché hai accettato l’invito?
«Ho accettato perché rappresento la multiculturalità. Mia madre è italiana, mio padre congolese, io sono nato in Italia. Mi sono sempre sentito uno step più avanti perché la mia cultura è totalmente radicata in Italia, nonostante il mio aspetto faccia intendere altro. Quindi in virtù della seconda generazione che rappresento è ovvio che dia la mia disponibilità e partecipi al San Savino Linking Festival».
L’ironia e la spontaneità sono i tuoi tratti distintivi, ma chi è Mudimbi?
«Una persona che ha tanti obiettivi e molte “pippe” mentali da sradicare. Sono determinato e impacciato nei mille progetti che ho in testa».
Da Sanremo sono passati circa sette mesi. Cosa è successo in questo periodo?
«Ho fatto un tour con la band in giro per l’Italia che è andato molto bene. Ci siamo molto divertiti e abbiamo fatto divertire. In questo periodo ho avuto modo di riflettere su un sacco di cose post Sanremo che è stato una grande vetrina con tanti pro e tanti contro. Adesso sto riorganizzando le idee per i prossimi passi da fare».
Sei reduce anche da un tour nelle scuole? Come è andato?
«Benissimo, sono stato chiamato nelle scuole perché i ragazzi mi volevano conoscere. Inizialmente erano bambini troppo piccoli per venire ai concerti, poi si è alzata l’età e mi sono trovato davanti anche studenti maggiorenni delle scuole superiori e delle università. Ho accettato gli inviti perché mi piaceva l’idea di farmi conoscere, di parlare un po’ della mia storia».
La canzone a cui sei più legato?
«Tutte, ognuna per un motivo particolare, però forse quella mi strappa una lacrima è “Supercalifrigida” perché rappresenta un grande passaggio. L’ho scritta quando avevo 18 anni, è uscita quando ne avevo 28, è stata controversa, c’è chi l’ha capita e chi no. Ad oggi comunque incanta tutti quelli che la ascoltano. Però chiaramente solo legato anche a “Il mago” e alle altre canzoni meno conosciute».
Cosa vuoi trasmettere con la tua musica, con le tue canzoni?
«Cerco di trasmettere il mio modo di pensare, di vedere le cose, con molta ironia e molto chissenefrega, sapendo che ci sono molte cose che non mi vanno bene, tante che non vanno bene in generale, ma o le accetti o le cambi o te le fai star bene e magari ci scherzi sopra».
A chi ti ispiri. C’è qualcuno che ti ha influenzato a livello musicale e di scrittura?
«Ho ascoltato tanti generi, molto rap ma non solo, e sicuramente mi ha influenzato tutto, anche quello che non mi è piaciuto. Uno dei miei riferimenti è stato sicuramente Eminem. Tanti anni fa quando lo ascoltai per la prima volta mi folgorò perché proponeva cose nuove».
Il concerto più bello a cui sei stato?
«I concerti di Caparezza. Ho visto l’ultimo e L’eretico tour. I suoi live lui sono stati una fonte di ispirazione, anche se facciamo cose per alcuni versi molto diverse. La prima volta che l’ho visto sul palco, ho visto l’intrattenimento per la prima volta in un concerto. In ogni suo live tra una canzone e un’altra succedono mille cose, entrano gonfiabili, oggetti ed è una sorpresa continua. L’Eretico tour mi ha incantato e mi ricordo che mi sono detto: “Una cosa del genere vale la pena provare ad emularla, a reinterpretarla perlomeno”».
Come ti vedi tra cinque anni?
«Più soddisfatto di adesso».
Che ne pensi dei talent?
«Non li guardo e quindi non conosco chi esce dai talent. Non ho la televisione. Diciamo che è un percorso che qualcuno sceglie, molto difficile perché è un tritacarne. Ho conosciuto gente uscita dai talent che è stata proprio maciullata e buttata in mezzo alla strada appena era finito il momento del live. Ognuno comunque fa le sue scelte, c’è anche chi ce l’ha fatta molto meglio di me».
Progetti per il futuro?
«Non ho la minima idea di quello che farò prossimamente, ma qualcosa mi inventerò. È bello adagiarsi per un po’ sugli allori ma non durano per sempre, quindi so che mi devo dare una mossa. Probabilmente farò altri concerti».
Tornando alla serata di Jesi, al T-Rap Festival ci saranno giovani artisti emergenti. Che consiglio daresti a loro che si stanno cimentando nei generi trap, rap, hip-hop?
«Evitate di imitare quello che già c’è. Perché oggi soprattutto nel rap – nel pop ci siamo ormai abituati tutti e non ci fa più caso nessuno – tutti vogliono essere Sfera Ebbasta e Ghali. Già esistono e fanno benissimo quello che fanno. Inventatevi qualcosa di vostro che magari piace meno, ma che comunque è vostro. So che non è semplice, anzi è complicato perché nell’era dei social la prima cosa è il like e l’essere accettati, però i social amplificano tutto e anche la paura di non piacere. Il mio è solo un consiglio».