Cultura

Obiezione di coscienza, a palazzo dei Convegni “Io obietto”

Lo spettacolo, che arriva a Jesi, è scritto da Elisabetta Canitano ginecologa, attivista, presidente di Vita di Donna: è uno dei pochi medici da sempre in prima linea nella difesa dei diritti delle donne

JESI – Che cosa accade a una donna se tutti i medici sono obiettori di coscienza? “Io obietto” è lo spettacolo teatrale che risponde a questa domanda raccontando la storia di Bianca, incinta di venti settimane.

Portato a Jesi dal Coordinamento 194 Senza Obiezione, con il sostegno di numerose realtà associative jesine, lo spettacolo si terrà a palazzo dei Convegni il 21 giugno alle ore 21. La regia è di Amandio Pinheiro, sul palco Chiara David, Natalia Magni, Laura Nardi e Valentina Valsania. A firmare la storia è Elisabetta Canitano, ginecologa, attivista, presidente di Vita di Donna, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti delle donne.

La storia. Bianca, incinta di venti settimane, gravidanza gemellare, viene ricoverata in ospedale perché ha l’utero dilatato. Tutti sanno che Bianca quei figli li perderà, ma nessuno interviene: finché c’è il battito fetale, anche se la madre corre pericolo di vita, anche se per i bambini non c’è più nulla da fare, gli obiettori non devono intervenire. Io Obietto affronta il tema dell’obiezione di coscienza e l’influenza della Chiesa nel sistema sanitario nazionale. «In Italia abbiamo il 70% di obiettori di coscienza. In alcune regioni si sfiora il 90%» ricordano le donne dell Coordinamento che nasce proprio con l’intento di avviare in tutte le Marche una seria regolamentazione sull’obiezione di coscienza, aprire un tavolo di confronto permanete con la Regione affinché venga attuato un controllo serio. «Io obietto è uno spettacolo dedicato a tutte le donne che vedono lesi i propri diritti», la visione è consigliata ad un pubblico adulto, il costo del biglietto è di 5 euro.

In Italia l’aborto è garantito dalla legge 194 del 1978, ma l’obiezione di coscienza è così diffusa da rendere difficile anche nelle strutture pubbliche l’applicazione della normativa. «Ricordiamo la storia di Valentina Milluzzo, incinta di 19 settimane che è morta di sepsi il 16 ottobre 2016 in un ospedale di Catania. O l’analoga vicenda di Savita Halappanavar, trentunenne morta anche lei di sepsi in un ospedale irlandese perché i medici cattolici si erano rifiutati di intervenire finché non si fosse fermato il battito fetale». Per non dimenticare le storie di queste donne e per evitare il ripetersi di queste tragedie, lo spettacolo “Io obietto” cerca di dare risposta a molte questioni aperte.

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