Cultura

Remo Casagrande, la storia del soldato jesino in scena al Piccolo

Ad aver ricostruito la sua storia attraverso immagini d'epoca e lettere scritte alla fidanzata, trasformandola in un libro e in uno spettacolo teatrale, è il nipote Sergio Cardinali. Appuntamento sabato 15 dicembre al teatro del quartiere San Giuseppe

La platea del Piccolo di San Giuseppe

JESI – Una storia d’amore, di guerra, della Jesi che fu ai tempi del fascismo. Remo Casagrande era un soldato: negli anni quaranta andò nei Balcani con i fascisti e quando tornò a Jesi era un uomo molto cambiato.

libro sergio cardinali
il libro “Io sto bene spero anche di te” dello jesino Sergio Cardinali

Ad aver ricostruito la sua storia ed averla trasformata in un libro, e in uno spettacolo teatrale, è lo jesino Sergio Cardinali. “Io sto bene, spero anche tu” è il titolo del romanzo e dello spettacolo che andrà in scena sabato 15 dicembre al Teatro Il Piccolo di San Giuseppe alle 21.

Come sei venuto a conoscenza di questa storia?
«Remo era mio zio – racconta – Non conoscevo la sua storia, ma quando mi sono capitate tra le mani le lettere che scriveva a mia zia e le fotografie mi sono appassionato».

Remo era partito da Jesi per i Balcani, di che cosa si occupava?
«Era partito con i fascisti per la guerra nei Balcani. Poco consapevole, probabilmente, si occupava di trasportare le persone nel campo di concentramento italiano di Udine. Nelle lettere che scrive a mia zia dirà che quando tornerà, sarà un uomo diverso. La guerra e le persone che ha conosciuto lo hanno cambiato: si iscriverà al Partito Comunista appena tornato a Jesi e avrà due figli».

Sergio Cardinali

Non ha mai raccontato questa storia?
«No, ha sempre detto pochissimo di quel periodo. Partito con i fascisti quando si è reso conto di ciò che stavano facendo non ha potuto proseguire il suo lavoro. Il risultato è stato che dopo l’8 settembre si è sentito completamente abbandonato: nei Balcani lo cercavano per le cose atroci che i fascisti aveva fatto in quelle terre, i fascisti italiani lo vedevano come un traditore e per i partigiani italiani era un nemico».

Sei anni di guerra, poi rientra a Jesi. Cosa scrive alla donna che poi sposerà?
«Scrive le sue vicissitudini, le difficoltà, la vita di tutti i giorni e, cosa che mi ha maggiormente colpito, la sua solitudine. Remo Casagrade non era altro che un giovane, come tanti all’epoca, partito per la guerra perché doveva farlo e tornato con un fardello enorme».