ANCONA – Un film perfetto, girato interamente ad Ancona, vincitore della Palma d’oro a Cannes, vent’anni fa. Si tratta de La stanza del figlio, il capolavoro perfetto di (e con) Nanni Moretti. Su di lui, di aneddoti e curiosità ce ne sono a bizzeffe. A raccontarne alcuni è Antonio Luccarini, stimato professore di filosofia ed ex assessore alla cultura del Comune dorico.
«Non è stato facile girare quel film. Era un periodo travagliato per Moretti, che aveva da poco perso il padre ed era giunto al termine della storia con sua moglie, dalla quale si stava separando. Nanni era stato invitato a una rassegna cinematografica della Mole vanvitelliana. Allora, la cultura aveva ancora un ruolo importante per la città. E il regista è rimasto ammaliato da Ancona».
«Chi visita la città, capisce che è un luogo interessante. Abbiamo tutto, ma la si valorizza poco e non ci si crede abbastanza. Moretti veniva fermato per strada dagli anconetani che gli chiedevano meravigliati come mai avesse scelto proprio Ancona. Lui rispondeva che la città era bellissima e affascinante e che siamo noi cittadini ad averne una scarsa considerazione».
Come mai? «Beh, noi abbiamo origini elleniche – spiega il Luccarini filoso -. Veniamo dai Greci e dai Piceni, dal nulla di troppo dell’Oracolo di Delfi. E infatti usiamo espressioni come nun t’allargà o cala giù da quel pagliaro».
«Quando fai troppo, in questa città, vieni sminuito. È una sorta di autoriduzionismo che ci blocca facendoci sprofondare nella depressione. Tra l’altro, Ancona è plurima e forse di aspetti e di identità ne ha talmente tante che la si potrebbe raccontare sempre in modo diverso».
Luccarini, insieme allo scenografo Giancarlo Basili, si occupava di trovare le location del film, uscito nel 2001: «Bussavamo alle case di Ancona per chiedere di mostrarci le abitazioni e scegliere la più adatta. Doveva avere una forma a “L”. Una volta ne abbiamo scartata una perché c’era una parete che dava fastidio. E il proprietario si era persino reso disponibile nel buttarla giù. Evidentemente, aveva capito che c’era in ballo un film importante, ma noi non dovevamo svelare niente a nessuno».
«Una mattina – riprende Luccarini – incontrai Moretti. Voleva vedere i luoghi in cui gli anconetani facevano spesa o passavano il tempo. E io gli mostravo pure i luoghi in cui Visconti aveva girato Ossessione».
«Nanni però la notte precedente aveva dormito male, al vecchio Hotel Palace: il cuscino era basso e la stanza rumorosa, ma io non lo sapevo e continuavo a parlargli di Ossessione. Così, a un certo punto, mi guarda stranito ed esausto e fa: “Basta, mi stai ossessionando con questa Ossessione”».
«Ad ogni modo – continua Luccarini – Nanni, nel film, mostra prima di tutto ai cittadini la loro città: c’è corso Garibaldi, corso Mazzini, il viale della Vittoria, il porto, il Passetto. Ci siamo accorti delle nostre bellezze. E si dubitava se girarlo qui, perché non c’è un lungomare. Quindi si pensava a Trieste e La Spezia, ma poi hanno scelto il capoluogo marchigiano, usando lo scorcio di Porta Pia. Un film dai contenuti esistenziali: non ci accorgiamo mai della fine intorno a noi – evidenzia Luccarini -. Dovremmo capire che siamo contingenti, finiti e che la nostra durata è limitata».
Dalla tazzina che si rompe ad Arianna che fa emergere il filo della storia: sono tanti i rimandi alla cultura classica.
«Un film che ha in sé una stranezza, un gioco del destino. La pellicola tratta di uno psicanalista che deve fare i conti con la morte del figlio. Ecco, poco dopo la fine della lavorazione, è successo davvero un episodio analogo. In piazza Roma, una domenica, uno psicologo anconetano va a comprare le paste e sua figlia decide di non seguirlo. Resta in piazza ad aspettarlo, ma viene investita e uccisa da un’auto. L’autista del suv infatti aveva avuto un malore e l’aveva falciata».
Una pessima svolta del destino o una terribile profezia che, purtroppo, ricorda la trama del film.
Che poi, di curiosità, ce ne sarebbero tante altre: come la casa dello psicanalista Giovanni, che ora è la sede dell’Ordine degli psicologi delle Marche, in via Calatafimi 1. Un appartamento in un palazzo storico che, durante la lavorazione, ha dovuto fare i conti persino con un contenzioso legale.