Si deve ad un marchigiano, l’architetto Giuseppe Sacconi (1854-1905), la realizzazione di uno dei complessi monumentali più rappresentativi dello Stato Italiano, il Vittoriano situato a Roma, in piazza Venezia, sul versante settentrionale del colle del Campidoglio. La realizzazione del monumento fu voluta all’indomani della morte di Vittorio Emanuele II, il 9 gennaio 1878, per celebrare il primo re d’Italia e, attraverso la sua persona, l’intero Risorgimento, ovvero il processo all’origine dell’unità e dell’indipendenza dell’Italia.
In seguito alla prestigiosa commissione, Sacconi divenne uno dei protagonisti della cultura artistica dell’Italia post-unitaria, al tempo impegnata in accesissimi dibattiti volti alla creazione di uno “stile nazionale”.
Lo ricordiamo in occasione dell’avvio della campagna di restauro dell’Altare della Patria, l’area curvilinea all’interno del Vittoriano. Promossi dall’istituto VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia, diretto da Edith Gabrielli, i lavori si articoleranno in tre fasi, la cui sequenza consentirà non solo di mantenere il servizio della Guardia d’Onore alla Tomba del Milite Ignoto, ma anche il regolare svolgimento delle cerimonie del 25 aprile 2023 e del 2 giugno 2023. L’intervento si concluderà il 24 ottobre 2023 per rispettare anche la cerimonia del 4 novembre 2023. I lavori sono concepiti come un cantiere aperto, con la possibilità per cittadini e turisti di osservare gli operatori dal vivo, e di salire sui ponteggi in occasione di visite guidate.
Originario di Montalto delle Marche (AP), Giuseppe Sacconi si era trasferito a Roma nel 1874. Appena trentenne si aggiudicò nel 1882 il secondo e decisivo concorso per il Vittoriano, con un progetto ispirato alla tradizione classica e del Rinascimento, e al linguaggio di Donato Bramante. Il 22 marzo 1885 si svolse la cerimonia della posa della prima pietra del monumento, e l’avvio del cantiere che Sacconi seguì, come direttore, per vent’anni. Il monumento, inaugurato ancora incompleto nel 1911, fu concluso negli anni trenta del Novecento.
Per l’Altare della Patria, l’architetto marchigiano pensò ad un grande altare laico dedicato alla Nazione e ai suoi valori. La sua decorazione, lunga 70 metri e alta 5, si deve allo scultore lombardo Angelo Zanelli (San Felice del Benaco, 1879 – Roma, 1942). Zanelli, risultato vincitore di concorso bandito nel 1908, concluse il lavoro nel 1925. Il fregio scultoreo che decora l’Altare della Patria vede al centro la statua della Dea Roma in un’edicola con il fondo di mosaico dorato. Ai lati si snodano due bassorilievi, entrambi concepiti come maestosi cortei: l’uno, sul lato occidentale, raffigura L’Amor patrio che pugna e vince, l’altro, sul lato orientale, Il Lavoro che edifica e feconda. Zanelli, originario della provincia di Brescia, si era formato nell’alveo del classicismo, per poi mutare il proprio linguaggio in chiave Liberty e simbolista. Questa particolare cifra stilistica gli consentì di coniugare la memoria dell’antico con alcune delle più avanzate tendenze internazionali. La Dea Roma, in particolare, mostra una spiccata sensibilità verso l’austriaco Gustav Klimt e la Secessione viennese.
Oggi, l’Altare della Patria e la sua decorazione si presentano scarsamente leggibili, in uno stato di conservazione precario e in alcune zone critico. Le condizioni climatiche del Vittoriano, caratterizzate da umidità e temperature elevate per via dell’esposizione al sole, hanno favorito il formarsi sulla superficie lapidea di una patina scura, dovuta all’accumulo di micro-alghe, funghi e licheni. Questi organismi, oltre a ottundere la corretta percezione del manufatto, sono causa del degrado meccanico e chimico della superficie.
Il restauro, diretto da Edith Gabrielli ed eseguito da Susanna Sarmati, ha come primo obiettivo garantire la conservazione materiale dell’Altare della Patria, arrestando i fenomeni di degrado in atto e prevenendo i danni futuri attraverso un opportuno trattamento delle superfici. Il secondo obiettivo consiste nel restituire la piena leggibilità all’opera di Zanelli, fin nei dettagli, consentendone una piena comprensione critica. Il terzo e ultimo obiettivo è guadagnare una serie di conoscenze specifiche per ricostruire tecniche, metodi e fasi costruttive dell’opera.