Cultura

T2: Trainspotting di Danny Boyle, il sequel del cult non è un cult

Mantiene la spregiudicatezza allegra e decadente del suo predecessore, ma non ne ha gli stessi brividi illuminati

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Mark, Sick Boy, Francis, Spud. Li avevamo lasciati vent’anni fa, in piena bufera. Avevano guadagnato dei bei soldoni da una vendita di droga ma Mark, ormai disintossicatosi e desideroso di allontanarsi dallo sfascio dei cosiddetti amici, dopo una rissa sanguinosa causata dall’ennesimo scatto di follia di Francis, li aveva fregati fuggendo col bottino. Trainspotting è stato un autentico cult. Affresco di un gruppetto di ragazzi scozzesi che non ha scelto la vita, ma l’eroina, è entrato negli annali del cinema. Ora i quattro sbandati ritornano, sempre alla regia di Danny Boyle e con la sceneggiatura di John Hodge, nell’attesissimo sequel T2: Trainspotting, dal 23 febbraio al cinema. A ispirarlo sempre le pagine punk di Irvine Welsh.

Mantenendo la spregiudicatezza allegra e decadente del suo predecessore, T2: Trainspotting è però lontano dai vertici raggiunti allora, distante da quei brividi sovversivi.

La frase da mettere nella valigia delle citazioni è “Prima c’è stata un’occasione… poi c’è stato un tradimento”. Dopo vent’anni molte cose sono cambiate, ma altrettante sono rimaste le stesse. Mark Renton (Ewan McGregor) torna all’unico posto che da sempre chiama casa, Edimburgo. Lì ad attenderlo ci sono Spud (Ewen Bremner), Sick Boy (Jonny Lee Miller) e Begbie (Robert Carlyle), insieme ad altre vecchie conoscenze: il dolore, la perdita, la gioia, la vendetta, l’odio, l’amicizia, l’amore, il desiderio, la paura, il rimpianto, l’eroina, l’autodistruzione e la minaccia di morte. Sono tutti in fila per dargli il benvenuto, pronti a unirsi ai giochi.

Sick Boy non è mai stato una persona che tiene alla lealtà; verso Mark prova tanta invidia quanto rabbia: se qualcuno avrebbe potuto tradire i suoi amici, sarebbe dovuto essere lui. Egli maledice la propria debolezza d’animo e sogna la vendetta. Frank Begbie ha trascorso gran parte della sua vita adulta come una bomba a mano che cammina e neanche ora che è in carcere i suoi amici/nemici sono al sicuro. Renton quella bomba l’ha semplicemente disinnescata. La sua rabbia può rivelarsi autodistruttiva, ma è giusto dire che non sarà l’unica vittima.

[R-slider id=”41″]T2: Trainspotting è pieno di rumore e luci al neon, anche questa volta in sella a una colonna sonora dirompente: non manca la canzone iconica del quartetto, Lust for Life di Iggy Pop, nel remix dei The Prodigy.

Danny Boyle sostiene che “le persone hanno un rapporto piuttosto intenso con Trainspotting, e molto è dovuto alle sue musiche. Ne sono state in un certo senso influenzate, evocando parti del film semplicemente dai brani”. E ancora: “Nel primo film, il batticuore lo dava Dubnobasswithmyheadman degli Underworld, e poi le note di Born Slippy, e che note! Su T2 Trainspotting è stato Rick Smith degli Underworld che ha accettato di comporre le musiche per il film, ed aiutare Jon Harris e me sulla scelta dell’intera colonna sonora originale. Ma più di tutto, è stato scoprire il gruppo di Edimburgo Young Fathers. Sono loro la carica di adrenalina moderna del film, e ci proteggono da eventuali focolai di nostalgia. I Wolf Alice me li hanno fatti conoscere le mie figlie. The Rubberbandits è ciò che guarda John Hodge a casa, quando dovrebbe scrivere!”.

Al di là della musica che suona la carica, irrefrenabile, questa volta però Danny Boyle & co. sembrano avere poco da dire. Anche se T2: Trainspotting non delude e sa divertire, non ottiene grandi risultati e sembra muoversi senza meta. Certo, la compagnia di Mark Renton e “amici” è sempre piacevole.