Economia

Siccità Marche, in calo la produzione di miele. Neri (UnivPm): «Cogliere l’allarme per difenderci e adattarci»

Il miele di acacia non è stato raccolto, mentre il millefiori segna un meno 20-30%. In agricoltura l'olio può raggiungere la massima qualità

La siccità impatta anche sull’apicoltura e la stagione 2024 nelle Marche sarà ricordata come la più negativa degli ultimi anni dopo quella del 2022. Il quadro emerge parlando con gli apicoltori che tracciano un bilancio pesante, ancora più negativo di quello dell’anno scorso. Sergio Cocciarini presidente dell’Associazione Consorzio Apistico Provinciale di Ancona parla di «un calo di produzione tra il 20 e il 30% rispetto al 2023, anno che fu già negativo».

Nelle Marche il miele viene raccolto in due periodi: a fine maggio, il miele di acacia, e tra fine giugno e fine luglio, il millefiori. Quest’anno la produzione di acacia non c’è stata, come anche l’anno scorso, mentre il millefiori ha visto un calo, che a seconda delle zone è stato più o meno accentuato. «Nel fabrianese e nell’alta Vallesina – prosegue – in un quadro negativo la produzione è andata leggermente meglio, rispetto ad altre zone come la costa».

«La siccità oltre a lasciare le api senza acqua riduce le fioriture e quelle presenti hanno meno nettare – dice – per cui le api fanno fatica a trovare nutrimento. È un’annata difficoltosa per il nostro settore: mediamente il raccolto del millefiori è stato di circa 10 chili ad arnia, mentre l’anno scorso era intorno ai 15 chili circa». Il presidente del consorzio spiega «negli ultimi anni stiamo portando acqua negli apiari, fino a 5-6 anni fa non era mai successo».

Nonostante le temperature roventi e la siccità il mondo dell’agricoltura sta riuscendo a fronteggiare il cambiamento climatico anticipando i raccolti, come avvenuto con il grano e l’uva, evidenzia il professor Davide Neri, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche. «Le temperature alte, ma non più come due settimane fa, e la leggera pioggia caduta con un innalzamento dell’umidità – spiega il professor Neri – tendono a favorire una certa ripresa e l’olio in particolare può raggiungere il massimo della qualità, l’importante è che non sopraggiungano infezioni fungine o parassiti come la mosca dell’ulivo».

Secondo l’esperto: «Dobbiamo cogliere l’allarme dei cambiamenti climatici per difenderci e adattarci – spiega -Bisogna prestare una maggiore attenzione alla scelta delle varietà più resilienti alle variazioni climatiche e lavorare con la tecnica dell’arido-reistente per superare le fasi critiche: occorre accumulare acqua nella stagione invernale e ridurne la perdita con l’evaporazione».

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