Per crescere «le Marche devono cambiare il proprio modello economico, abbandonando alcuni settori tradizionali». A dirlo è il professor Mauro Gallegati voce autorevole dell’economia italiana. «Negli ultimi 30 anni le Marche sono andate avanti con un modello economico costituito da tante piccole imprese, in distretti industriali – spiega – con la globalizzazione questo modello è entrato in crisi ed ora la regione, insieme all’Umbria e all’Abruzzo sta scivolando verso il Sud Italia».
Secondo il docente dell’Università Politecnica delle Marche che collabora con il premio Nobel Joseph E. Stiglitz, «stiamo perdendo quote di mercato e serve una profonda revisione del modello economico. Le imprese – aggiunge – devono trasformarsi e abbandonare i prodotti tradizionali, come il mobilio, la moda e le calzature». L’economista spiega che se da un lato «la moda di alto livello è un settore di mercato florido», quello rappresentato dai piccoli industriali non gode di buona salute perché «non riesce a reggere la concorrenza dei Paesi emergenti dove il costo del lavoro è molto più basso che in Italia».
La meccanica, osserva Gallegati, si sta già trasformando «utilizzando l’Intelligenza Artificiale e la robotica». La parola chiave è innovare e anche su questo filone devono orientarsi i giovani imprenditori. «Bisognerebbe saper sviluppare start up innovative in settori molto specilalizzati – spiega – ma questo tipo di imprese sono molto rischiose: dopo dieci anni ne sopravvive solo una su 10 e anche la fase di avvio è molto onerosa, tanto che è necessario l’intervento di banche e istituzioni».
Il punto di forza delle Marche è rappresentato «dal numero di laureati che nelle Marche è molto alto e superiore rispetto alle altre regioni». In tal senso le start up sono una speranza per i neo laureati e per l’economia marchigiana, sottolinea Gallegati, a patto di puntare su settori innovativi molto specifici.
I più promettenti sono la meccanica e la meta sostenibilità come ad esempio «nell’ambito dell’intervento di recupero di zone marini o terrestri, attraverso le quali tutelare la biodiversità». L’enogastronomia, osserva è una nicchia di mercato «non in gradi di generare grandi numeri, il turismo invece potrebbe fare di più, per ora contribuisce solo per il 10% al Pil regionale, mentre la fetta di mercato più importante resta ancora la manifattura specie se di lusso». Per tornare tra le regioni locomotive d’Italia, conclude «le Marche devono puntare su sostenibilità, intelligenza artificiale e robotica, abbandonando il vecchio modello».