SASSOFERRATO – Nuovo appuntamento con l’arte a Sassoferrato. Merito della mostra a Palazzo degli Scalzi, Geografie di superficie, degli artisti Lughia e Caterina Prato, curata da Giuseppe Salerno. La mostra sarà visitabile fino al prossimo 2 dicembre, il sabato e la domenica dalle 15:30 alle 18:30. I testi del catalogo sono curati da Andrea Baffoni, Pippo Cosenza, Giuseppe Salerno.
Sassoferrato si conferma come un comune molto attento all’arte e alle mostre in particolare. In quest’ottica si inserisce l’appuntamento con Geografie di superficie di Lughia e Caterina Prato, con la quale si dà seguito a “Dissolvenze Incrociate”, progetto che le ha viste intrecciare per la prima volta le rispettive specificità in opere che sono il prodotto di un processo realizzativo condiviso.
«Vi sono mostre nelle quali sono le opere in sé a reclamare da subito attenzione tanto sul piano formale che concettuale. Ve ne sono altre per le quali, fermo restando una loro valenza formale e concettuale, si rende necessario rivolgere in primis l’interesse alla fase processuale, trattandosi di lavori chiamati a rispondere a caratteri concordati o frutto di percorsi esecutivi predeterminati. A questa seconda categoria appartiene “Geografie di superficie”, mostra progettuale nata dal sodalizio di Lughia e Caterina Prato, artiste che hanno recentemente vissuto un’esperienza comune realizzando un’opera in quattro tavole rifacentesi al meccanismo della “dissolvenza incrociata”, mutuato dal mondo del cinema. Due tavole prodotte dall’una e altrettante dall’altra. Poi lo scambio delle due centrali, sulle quali tornare a intervenire con i rispettivi caratteri. Un’opera che nella sequenza delle quattro tavole vede i connotati delle due artiste incontrarsi e dissolversi gli uni in quelli dell’altra», spiega il curatore Salerno a pochi giorni dall’inaugurazione della mostra di Sassoferrato.
Con una sintonia a dir poco straordinaria Lughia e Caterina Prato «indagano in autonomia le geografie dei territori e delle menti offrendoci, frammiste a brandelli di vissuto personale, visioni spiazzanti, risultanti di ribaltamenti, sedimentazioni e slittamenti, di indeterminazioni, di aspirazioni confuse, di memorie millenarie in dissolvimento. Benché opere ascrivibili all’una o all’altra, la speciale architettura d’insieme rende marginale, se non addirittura sminuente, la preziosità del lavoro condiviso, una lettura separata dei caratteri delle singole artiste. Dalla commistione delle due sensibilità emergono infatti quelle verità di fondo che, manifestate in forme e modalità diverse, e per certi versi complementari, ci appaiono ora chiare nella loro complessità. A Lughia e Caterina Prato il merito di essersi rese interpreti, in rapporto a un universo senza inizio e senza fine, di piccole geografie umane che ci appaiono adesso insignificanti, di superficie e destinate all’oblio».