FABRIANO – «Non ho il certificato verde, perché in libertà ho scelto di non vaccinarmi. Non ho il certificato verde, perché non trovo corretto che le istituzioni abbiano prima dato la possibilità di scegliere poi l’hanno resa obbligatoria in modo surrettizio, pena l’esclusione dalla vita sociale e addirittura dal lavoro». Questo l’incipit della lettera a firma della professoressa di Lettere alla scuola media Gentile di Fabriano, Roberta Salimbeni, letta durante il collegio dei docenti, «nella piena consapevolezza di ciò che avrebbe comportato».
Le è stata notificata la sospensione dal lavoro, come da normativa in vigore, ma Roberta Salimbeni ha deciso, comunque, di andare incontro articolando le motivazioni della propria scelta
«Non ho il certificato verde, perché ritengo che sia un provvedimento politico e non sanitario, basato su un falso presupposto secondo il quale i vaccinati non contagiano. Non ho il certificato verde, perché, per esperienza personale, i tamponi, che in alternativa sarei costretta a fare ogni 48 ore a pagamento, non sempre sono veritieri. E poi, se io devo fare il tampone per verificare la mia negatività, e per tutelare eventualmente chi mi è vicino, parimenti dovrebbero sottoporvisi anche coloro che hanno ricevuto la doppia dose di vaccino, perché non sono esenti da contagio. Non ho il certificato verde, perché ritengo che sia inutile, come tutti sanno, ma fanno finta di non sapere, a contrastare l’epidemia o ad attestare che il titolare è sano. Non ho il certificato verde, perché è illegittimo e viola le norme nazionali e sovranazionali, come ampiamente dimostrato dagli esperti in giurisprudenza. Non ho il certificato verde, perché è discriminatorio e ufficializza quella pericolosa spaccatura sociale, che da tempo si sta delineando e sta creando sospetto, paura, rancore tra le persone, che invece dovrebbero essere tra loro solidali e unite», prosegue.
«Siamo stati vittime di messaggi allarmanti che ci hanno ridotto all’obbedienza acritica»
«Ci hanno insegnato ad avere timore, a sospettare del vicino, a non fidarsi, ad avere sensi di colpa (“Chi non si vaccina contagia gli altri e li fa morire”). Siamo stati vittime di messaggi allarmanti, di informazioni a senso unico, che ci hanno ridotto all’obbedienza acritica, all’uniformità e alla rinuncia alla consapevolezza di sé e all’autodeterminazione. Tutto ciò contrasta profondamente con i principi in cui credo e sui quali baso il mio ruolo di madre, di docente e di persona. Ho sempre cercato di insegnare ai ragazzi e ai miei figli, a parole e con l’esempio, a conoscere e informarsi, a mettere in dubbio, a discutere, approfondire, ad essere curiosi, a non giudicare mai l’altro, ma ad accoglierlo a prescindere, ad ascoltarsi dentro per poter scegliere senza troppi condizionamenti, ad avere un pensiero critico, divergente e costruttivo, ad andare oltre e in profondità, a combattere per delle idee e per i diritti, che sono innati e che nessuno ci dà e dunque non ce li può neanche togliere. Non ho il certificato verde, perché non lo ritengo necessario per svolgere il mio lavoro», scrive la Salimbeni ricordando il proprio percorso lavorativo fatto attraverso concorsi, corsi di aggiornamento, decisioni scolastiche importanti e ruoli di responsabilità ricoperti in questo settore.
L’appello finale a trovare una soluzione condivisa
«Vorrei che i miei alunni con i genitori e il mio Dirigente pretendessero da me non un certificato fasullo, che attesta nulla, ma certificati che attestino la mia preparazione e le mie competenze. Quelli ne ho tanti, tutti regolarmente conseguiti. Vorrei anche che i miei colleghi “certificati” si indignassero come e quanto me, poiché anche loro sono vittime di un ignobile ricatto e sono stati privati del loro diritto all’insegnamento, che però, diversamente da me, possono esercitare solo perché possiedono qualcosa che in realtà è incostituzionale. Ci venga richiesto un certificato che attesti le capacità relazionali ed empatiche, la dedizione e la passione. Questo andrebbe richiesto, ma purtroppo non esiste. Non c’è nulla che attesti l’essenza dell’insegnamento, perché insegnare, oltre a presupporre una preparazione sufficientemente ampia e competenza, facilmente riscontrabili, richiede anche e soprattutto qualcosa di non rilevabile: passione, spirito critico, lungimiranza, empatia, capacità comunicative e relazionali, capacità di leggere negli sguardi, di cogliere e interpretare gesti, parole non dette, silenzi, di ascoltare, prevedere e prevenire, preparare il cammino, creare complicità, stabilire sintonie e legami, accogliere e “far sentire a casa” tutti e ciascuno. Questo deve possedere un buon insegnante. Il resto è carta da macero».
La sua, dunque, è una disobbedienza civile
«Verso un provvedimento ingiusto, discriminatorio e illegittimo. Spero di avere la forza e la costanza di perseguirla, confido nell’onestà intellettuale dei miei colleghi ai quali chiedo sostegno e mi auguro che i miei alunni e le loro famiglie capiscano la mia posizione, anche se potrebbero non condividerla», conclude la lettera la professoressa, Roberta Salimbeni.