SASSOFERRATO – Rileggere la storia di Cabernardi di Sassoferrato con gli occhi di un tempo e di oggi. Questo l’obiettivo dell’iniziativa congiunta di Cgil-Cisl-Uil che hanno deciso di pubblicare gli atti del convegno tenutosi il 28 maggio nella frazione della città sentinate, presentandoli alle scuole nell’ambito di un’apposita manifestazione. «Si è trattata di una necessità che è nata da quella che noi percepiamo come una volontà di fermare nel tempo una vicenda, quella che vede protagonista Cabernardi, appunto, e il suo polo minerario solfifero, che ha significato prima una grande ricchezza e poi una grande crisi, con il cambiamento anche morfologico del luogo in cui si è svolta», spiegano gli organizzatori.
Quella di Cabernardi è a proprio modo una vicenda attuale, che si può rileggere in tante altre realtà, prima tra tutte Fabriano. «Uno sguardo verso il futuro assicurato dai tanti ragazzi presenti, tutti allievi del liceo scientifico di Sassoferrato e dal luogo stesso in cui il convegno si è svolto, cioè quella che un tempo era la cisterna contenente la nafta necessaria a muovere gli impianti della miniera e che oggi è stata bonificata diventando un auditorium a servizio del parco archeominerario e del museo dei minatori gestiti dall’associazione culturale “La Miniera”, che è nata dal desiderio degli abitanti di Cabernardi, figli e nipoti di quei minatori coraggiosi, di recuperare la memoria di cosa la miniera abbia significato per il loro paese e per i suoi abitanti».
La Montecatini, azienda proprietaria del polo di estrazione di Cabernardi e Percozzone e degli impianti di raffinazione di Bellisio Solfare, aveva deciso di dismettere l’attività nella zona, a causa dello zolfo in esaurimento qui, delle mutate condizioni economiche che il dopoguerra portava con sé, dello zolfo stesso che si avviava a diventare materiale più conveniente da importare che da estrarre. «Il punto è che per come aveva impostato la propria attività e per l’importanza che ricopriva a livello nazionale, la Montecatini aveva la capacità di chiudere l’azienda senza curarsi del volere o del bene dei suoi lavoratori, per quanto la forza e il coraggio di questi ultimi sia stata, e sia tutt’oggi, esemplare. Decenni più tardi siamo in grado di cogliere una sfumatura diversa della vicenda, che i sindacati hanno saputo scoprire e mettere a servizio degli ex lavoratori della miniera, sapendo leggere in modo accorto la legge 36/1974, che offriva la possibilità di rendere un risarcimento, almeno parziale e sotto il punto di vista previdenziale, ai torti e alle violenze che i lavoratori avevano subito e vissuto».
La giornata del 28 maggio scorso, resa ora indelebile con la pubblicazione degli atti, «ha segnato un momento di unitarietà e di crescita ed è stata pensata come un momento di ricordo e una occasione di formazione, perché dalla storia dobbiamo essere in grado di trarre gli insegnamenti necessari a non cadere negli stessi errori del passato», concludono i sindacati.