SASSOFERRATO – Un percorso alla scoperta del Rinascimento a Sassoferrato e nei suoi dintorni. È quanto si propone la mostra ospitata a Palazzo degli Scalzi a Sassoferrato dal 24 luglio al 7 novembre prossimo incentrata sulla figura di Pietro Paolo Agabiti, artista sassoferratese attivo in tutta la valle tra il Sentino e l’Esino, come pittore, scultore ed architetto tra il Quattrocento e il Cinquecento al tempo dei Della Robbia e di Raffaello.
Complessivamente 16 opere che potranno essere ammirate dal 25 luglio al 14 settembre dalle 10 alle 13 e dalle 15:30 alle 18:30; dal 15 settembre al 7 novembre, dal giovedì al martedì, dalle 10 alle 13 e dalle 15:30 alle 18:30. «Oggi presentiamo una mostra “di territorio”. In questo periodo inauguriamo iniziative di altissimo livello che valorizzano gli artisti marchigiani e allo stesso tempo il contesto di riferimento. In questo modo creiamo un circuito di grande valore che come Regione sosteniamo con convinzione perché abbiamo a cuore la crescita delle piccole ma molto attive realtà dell’entroterra. Sassoferrato costituisce in questo senso un esempio. I luoghi della cultura hanno sofferto troppo a causa della pandemia e oggi, nel rispetto delle norme anticovid, devono restare aperti e accessibili a tutti», ha evidenziato l’assessore alla Cultura Giorgia Latini.
«Ripartire dall’arte, dopo il Covid, in uno dei borghi più belli d’Italia come il nostro è estremamente significativo. Attraverso la cultura vogliamo valorizzare il nostro territorio e su questo obiettivo ci stiamo impegnando da diverso tempo. La mostra è una valida occasione in più per attrarre turisti. La stagione è partita. La tragedia della pandemia ha dato a molti l’opportunità di scoprire le tante perle nascoste del nostro Paese», gli ha fatto eco il sindaco di Sassoferrato Maurizio Greci.
La mostra
Pietro Paolo Agabiti nasce intorno al 1470 a Sassoferrato e dopo la sua formazione in Veneto, nella bottega di Cima da Conegliano, conosce lo stile di Marco Palmezzano e a quello si ispira per i suoi dipinti più importanti. È perciò un artista un po’ isolato nel panorama locale, ma capace di opere scenografiche e accattivanti, spesso di qualità sostenuta e gioca un ruolo importante nella cultura figurativa di queste valli. Pitture e sculture raccontano una storia spesso straordinaria, di un artista curioso che seppe lavorare accanto ai grandi del suo tempo, come Luca Signorelli a Lorenzo Lotto, prendendo da ognuno qualcosa, ma rimanendo sempre fedele a sé stesso. Tra le novità più interessanti della mostra, oltre alle opere come la Consegna delle chiavi a San Pietro, Pesca miracolosa, Sacra conversazione, Quo Vadis (predella) custodite nella chiesa di San Pietro di cui vengono chiarite datazioni e attribuzioni, c’è la scoperta di nuove personalità artistiche, come l’Anonimo di San Bartolomeo (non più tanto anonimo), che nel 1510 dipinse la pala per l’altar maggiore della chiesa omonima e poi il Maestro di San Pietro, un allievo di Raffaellino del Colle che si era formato probabilmente ad Urbania nel cantiere dell’Oratorio del Corpus Domini e che poi lavorò anche a Jesi e ovviamente a Sassoferrato, visto che è lui l’autore della pala dell’altar maggiore della chiesa di San Pietro ora appesa in controfacciata sopra la bussola d’ingresso, ma in questo caso spostata in mostra. Oltre a questo, la mostra delinea anche la figura di Pietro Paolo Agabiti come scultore. I documenti non sono molto chiari in merito, ma seguendo la tradizione settecentesca e ottocentesca, si è potuto attribuire a questo artista una serie di opere di qualità altissima, come Il Cristo e angeli della chiesa di San Facondino, che dimostra come la formazione in Veneto sia stata importante anche per la produzione plastica. La mostra è curata da Alessandro Delpriori e da Lucia Panetti che si sono avvalsi anche degli studi di Mattia Giancarli e Anita Spuri.
Il curatore
«Una mostra su Pietro Paolo Agabiti, non è solo una retrospettiva su un artista del luogo, noto più agli addetti ai lavori che non al grande pubblico, è più che altro la presentazione di un contesto rinascimentale ricco e ancora poco conosciuto, che vale la pena di studiare e di vedere a fondo. Si è scelto, quando possibile, di lasciare le opere nel loro contesto, non solo per aiutare il visitatore a scoprire angoli poco noti della città, ma anche per dimostrare che le opere d’arte andrebbero sempre studiate e viste nei luoghi per cui queste sono state pensate e realizzate. Sassoferrato è una città ricchissima, chiese, palazzi e monumenti che raccontano una storia assai più interessante di quanto non sembri», ha concluso uno dei curatori, Alessandro Delpriori.