FABRIANO – Il sogno di completare la famiglia con un figlio certi di avere un lavoro stabile e sicuro. «E invece ci è arrivata questa mazzata». A parlare sono Gerardo Lovecchio e Teresa Fiorentini, marito e moglie, entrambi dipendenti Elica, 42 e 39 anni.
Gerardo, pugliese d’origine, lavora da 21 anni in Elica, la moglie da 18 anni, prima a Serra San Quirico e poi a Mergo. «Qualche mese fa la bella notizia di una bimba in arrivo, che nascerà a luglio, e allora potremmo entrambi aver già perso il lavoro», le loro parole. Questo per colpa del piano strategico presentato dalla multinazionale di Fabriano leader mondiale nel settore delle cappe aspiranti che prevede: 409 esuberi su 560 totali dipendenti del comprensorio, chiusura dello stabilimento a Cerreto D’Esi e delocalizzazione del 70% delle produzioni effettuate oggi nei siti di Fabriano, Cerreto e Mergo.
«Il nostro sogno era di mettere su famiglia, ma ora è difficile. Mio padre circa 30 anni fa ha fatto una battaglia sindacale all’EniChem e mai mi sarei immaginato che sarebbe toccato anche a me di rivivere le stesse situazioni. Ci siamo trasferiti a Fabriano per lavoro, prima mio fratello e poi io», racconta Gerardo. Trovato il lavoro, conosciuta Teresa, sposati perché l’amore era troppo forte. «E in fondo perché aspettare? C’erano tutte le condizioni giuste. Quando, il 31 marzo scorso, sono arrivati i messaggi con le notizie sul piano strategico, siamo rimasti sconcertati, non potevo crederci. Abbiamo fatto uno sciopero spontaneo. Noi stavamo iniziando a scrivere il futuro. Adesso nascerà questa bimba e potremo essere senza lavoro entrambi. Non è giusto», confidano.
A sconcertare tutti i lavoratori di Elica, i numeri alti degli esuberi. «Proviamo anche rabbia perché nel dicembre scorso il management ci ha rincuorato affermando che dopo un anno difficile, il 2021 sarebbe stato diverso. E poi dopo tre mesi, le loro azioni sono andate esattamente dalla parte opposta. La delocalizzazione è divenuta lo spot di queste grandi aziende. Eppure siamo noi lavoratori, operai, che abbiamo contribuito a rendere Elica una grande multinazionale. Abbiamo dato anima, cuore, passione, tanti anni della nostra vita e ora ci siamo sentiti traditi. Dai vertici aziendali non si è tenuto conto di noi persone che non siamo numeri, non siamo solo matricole. Ci sono vite concrete dietro la parola esubero».
Gerardo e Teresa non vogliono solo piangersi addosso, come del resto tutti i dipendenti di Elica. «Vogliamo fare una lotta comune, senza lasciare nessuno indietro. Confidiamo nei sindacati e spero che la politica non faccia solo parole ma fatti. La logica del profitto non deve mai prevalere sulla dignità di ogni singolo lavoratore». Ed è proprio questo l’appello finale. «In primis ai vertici di Elica, riflettete bene, siate più coscienziosi e rivedete le vostre strategie e politiche aziendali, perché il futuro è sì dato dai numeri, ma si costruisce solo con le persone che ci lavorano. Noi tutti siamo i primi che vogliamo essere protagonisti nel far ripartire il Paese dal virus e dal punto di vista aziendale. Noi ci siamo stati sempre, non ci tiriamo indietro certo oggi. Chiediamo anche al Governo di esserci vicino perché è ora che, finalmente, le persone vengano prima dei numeri».