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Vertenza JP Industries di Fabriano: lavoratori e sindacati bocciano il Piano

Troppi esuberi, poche certezze legate alle reali prospettive aziendali, perdita di credibilità dell'imprenditore. Ma la vera incognita è legata all'ammissione o meno al concordato

Assemblea lavoratori JP Industries (foto di repertorio)

FABRIANO – «No al Piano approntato dalla proprietà della JP Industries così com’è». Questo l’esito più importante scaturito dall’assemblea dei lavoratori dell’azienda guidata dall’imprenditore cerretese, Giovanni Porcarelli, svoltasi questo pomeriggio, 20 febbraio, all’interno della sala mensa dello stabilimento di Santa Maria a Fabriano.
Sala gremita e i rappresentanti sindacali Pierpaolo Pullini della Fiom, Gianpiero Santoni della Fim e Isabella Gentilucci della Uilm, a riferire gli esiti degli incontri avuti al ministero dello Sviluppo economico il 13 febbraio e con l’imprenditore lunedì scorso.

«Si tratta di un Piano concordatario liquidatorio quinquennale e prevede la creazione di una nuova azienda che affitterebbe la JP Industries che nel frattempo sarebbe posta in liquidazione. La newco farebbe capo sempre e solo a Giovanni Porcarelli, che immetterebbe la liquidità necessaria per la partenza, senza chiedere interventi esterni. Con i soldi provenienti dall’affitto, la JP Industries inizierebbe a coprire una parte dei debiti. Operazione che prevede, inoltre, anche la messa in vendita dei beni societari, i capannoni», hanno spiegato i rappresentanti delle parti sociali. Per suffragare questa tesi, «ci sono stati presentati i prospetti con l’andamento di ricavi e perdite negli ultimi cinque anni, dal 2014 al 2018. I ricavi sono passati dai 23 milioni di euro al picco dei 28 milioni di euro nel 2017, per poi ridiscendere a 23 milioni nel 2018. Le perdite, invece, si sono accumulate ciascun anno per una cifra annua compresa fra i 2,2 e i 3,3 milioni di euro».

Pierpaolo Pullini della Fiom, Gianpiero Santoni della Fim e Isabella Gentilucci della Uilm

«La nuova società – che si accollerebbe parte del debito, nello specifico quello maturato dai lavoratori in questi anni (retribuzione, tfr, fondo pensione) – partirebbe con 250 lavoratori sugli attuali 593, per produrre nella prima fase lavatrici e frigoriferi, per poi arrivare a produzioni di nicchia dove la marginalità è più alta e per la quale ci sarebbero già clienti esteri interessati, secondo quanto ci è stato riferito». Nei primi 12 mesi, si ipotizza un raddoppio del fatturo: 34 milioni di euro. Per poi arrivare, al termine dei 5 anni, a oltre 70 milioni di euro di fatturato. «Nei primi due anni, sarebbero garantiti 150 giorni di lavoro, a conti fatti, quindi, la nuova azienda parte già con circa 100 dipendenti in esubero da gestire con utilizzo di altri ammortizzatori sociali. Comunque sia, la piena occupazione è prevista per fine 2021. Dopo i 5 anni, Porcarelli ha affermato che sarebbe pronto a iniziare a riassorbire i 343 esuberi lasciati per strada».

Che succederebbe ai 343 lavoratori non riassunti dalla nuova società? «I lavoratori in esubero starebbero fino a luglio, o al massimo fino a settembre, in cassa integrazione straordinaria. Dopo, partirebbe un periodo di 12 mesi di cassa integrazione per cessazione attività. Infine, due anni di Naspi».

Ma la vera discriminante è l’ammissione o meno al concordato. «Quindi la decisione dei giudici del Tribunale di Ancona, sezione Fallimentare, senza non si apre proprio la discussione. Se non lo sarà, l’azienda andrà da subito in liquidazione con la cessazione di tutte le attività. La situazione non è disperata, ma molto di più. C’è nominalmente una nuova società, ma non c’è la faccia nuova. Le nostre perplessità aumentano anche in considerazione del fatto che, secondo il Piano, per i primi due anni si produrrebbe in tutti e tre i siti, poi uno sarebbe comprato e tutte le produzioni sarebbero concentrate in questo. Ma trattandosi di produzione multimarche, crediamo sia complicato far passare il concetto ai clienti. Il vero problema, è stato ribadito anche nell’incontro al Mise, è Porcarelli. Invitalia aveva trovato 7 soggetti, la metà seriamente interessata, ma senza Porcarelli. Quindi, vuol dire che è l’imprenditore a non essere più credibile e il fantomatico partner che viene paventato, ci sembra un’ennesima boutade», hanno concluso i sindacati.

Tutte considerazioni che gli stessi operai presenti hanno confermato e che generano molte preoccupazioni. La certezza è, quindi, che il Piano così com’è stato presentato, non può essere accettato. Ma prima di tutto, bisogna attendere di sapere se ci sarà o meno l’ammissione al concordato.