«Da tanto tempo cerco di avere un bambino senza riuscirci; ora la mia amica è incinta e io non riesco a essere felice per lei»; «Quando vedo le altre ragazze in giro con le loro madri, provo una gran rabbia perché io invece non ce l’ho più»; «Mio figlio soffre perché è disoccupato, e non sopporto di vedere che i figli delle mie amiche si sono sistemati pur essendo meno bravi di lui»; «Sono giovane e ho un tumore, e quando dal medico sento i vecchi lamentarsi per un’unghia incarnita li odio, gli farei provare quello che provo io». Tante situazioni diverse, che si concludono con la stessa, amara frase: «La mia è invidia, lo so. Mi sento un mostro. Perché non riesco a gioire per la fortuna di un altro? Perché sono così crudele?».
La maggior parte delle persone che ascolto nel mio lavoro di psicoterapeuta, vive con disagio o con franca sofferenza la consapevolezza di provare invidia. Cerca di ricacciare indietro questo sentimento, di soffocarlo perché moralmente riprovevole e perché fa sentire deboli, come un’ammissione di inferiorità. Ma come accade per molte delle emozioni e dei pensieri sgradevoli, il tentativo di metterli a tacere non fa che renderli ancora più pressanti. Così, alla sofferenza originaria, si aggiunge l’ulteriore sofferenza del senso di colpa e di un’estenuante lotta interiore. E proprio perché sarebbe come ammettere di sentirsi inferiori, l’invidia resta nascosta, difficilmente confessata, non solo agli altri ma a volte anche a se stessi. Il primo passo importante è accettarla, darsi il permesso di provarla, essere comprensivi verso sè stessi, comprendendo il dolore che si cela dietro l’invidia. L’altro passo, è accettare che in gran parte non abbiamo il controllo su ciò che proviamo e che la nostra mente produce in risposta a stress, dolore, frustrazione.
L’invidia nasce dal desiderio di avere qualcosa che a noi manca ma che altri possiedono. La proviamo quando ci sentiamo perdenti nel confronto con un altro, in un campo che per noi è importante. L’invidia è un misto di dolore, frustrazione, impotenza, risentimento, ostilità, desiderio di danneggiare l’altro. Esiste una invidia positiva, che più propriamente andrebbe chiamata emulazione, che riconosce la fortuna o il merito dell’altro e che spinge ad imitarlo per ottenere gli stessi risultati. L’invidia negativa, invece, innesca un risentimento distruttivo che induce sofferenza per la felicità e la fortuna di un altro e che mira ad annientare e togliere all’altro quello che non si riesce ad avere, oppure si ritorce contro di sé, diventando un’invidia depressiva in cui ci si ritiene incapaci di ottenere qualcosa.
L’invidia può essere l’emozione di un momento legata a una circostanza particolare o un sentimento più durevole che si estende a più settori della propria vita. La persona invidiosa non è soddisfatta di sé, vede in sé dei limiti e riconosce solo negli altri le doti e i riconoscimenti che vorrebbe avere. Tuttavia, l’invidia è anche una difesa che permette di non intaccare la propria autostima, svalutando l’altro e attribuendo il suo successo a un’ingiustizia. In una prospettiva più adattiva, l’invidia è anche un campanello di allarme utile che ci segnala una situazione di potenziale pericolo, un confronto in cui siamo in una condizione di svantaggio. Con la sua spiacevolezza, ci sprona a reagire, ad attivarci per uscirne, a darci da fare per ottenere quello che invidiamo all’altro e che per noi è significativo. Si pensa che l’evoluzione abbia favorito gli individui invidiosi, perché grazie alla spinta data dall’invidia raggiungono risorse e condizioni di vita migliori.
Posto che l’invidia è un sentimento umano da cui nessuno può dirsi immune, è tuttavia possibile incanalarla per farne un uso costruttivo. Il primo passo da fare, è prendere consapevolezza di questo sentimento: riconoscerlo come una reazione naturale e spesso inevitabile, da accettare e di cui non sentirci colpevoli. Quindi, avere il coraggio di guardare in profondità nei nostri pensieri di inferiorità: da dove nascono? Cosa ci dicono di noi? Il senso di invidia che una persona ci suscita può allora diventare occasione per conoscere meglio noi stessi, per mettere a fuoco i nostri bisogni e desideri; invece di sprecare energia nell’ostilità per chi ha ciò che ci manca, possiamo concentrarci nell’usarla per trovare una strada possibile, anche se in un contesto sfavorevole, con ostacoli e limitazioni.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Tel. 339.5428950