Cronaca

Osimo, posta la pietra d’inciampo in memoria di Annita Bolaffi

Cerimonia toccante in piazza del Comune per ricordare la donna che era nata nel 1888 e fu tratta in arresto e deportata il 31 ottobre del 1943. Tra i presenti la nipote Natalia Latis, il sindaco Simone Pugnaloni e Manuela Russi, presidente della comunità ebraica di Ancona

Gli amministratori pubblici presenti alla cerimonia
Alcuni dei presenti alla cerimonia in ricordo di Annita Bolaffi

OSIMO – Cerimonia toccante stamattina, mercoledì 29 gennaio, in piazza del Comune a Osimo dove è stata posta la pietra d’inciampo alla memoria di Annita Bolaffi, osimana, deceduta nel febbraio 1944 con tanti altri nel campo di concentramento nazista di Auschwitz in Polonia.

Era nata nel 1888 e fu tratta in arresto e deportata il 31 ottobre del 1943. Una celebrazione caduta nel 75esimo anniversario dell’apertura del lager di Auschwitz-Birkenau e che Osimo ha voluto rimarcare. «A ricordo di una vita distrutta, di un’identità che si voleva cancellare e che, invece, rimane come inflessibile ammonimento – ha detto il sindaco Simone Pugnaloni accanto agli amministratori pubblici presenti -. Grazie quindi per questa azione di testimonianza a Gunter Demnig, artista tedesco che ha forgiato la pietra, e a quanti, con lui, hanno ideato questo progetto e ne curano la diffusione, per ricordarci che, se le parole mal poste possono diventare pietre, quelle pietre posizionate lungo il nostro cammino quotidiano hanno parole di verità».

C’erano anche i ragazzini delle scuole ad ascoltare le parole dei presenti e a prendere parte alla cerimonia assieme a Natalia Latis, nipote di Annita, e a Manuela Russi, presidente della comunità ebraica di Ancona.

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La pietra d’inciampo dedicata ad Annita Bolaffi

«Quando furono aperti quei cancelli, gli spettri d’uomo, perché tali erano ridotti i sopravvissuti, hanno mostrato l’aberrazione cui può giungere l’essere umano se crede di poter costruire la propria identità a danno di altri, se discrimina, emargina, e si ostina a voler distinguere tra persone degne di vivere e altre da sfruttare, sottomettere, uccidere – ha continuato Pugnaloni nella riflessione -. C’è da chiedersi se questi ultimi si possono definire ancora esseri umani. Quelle immagini, quelle testimonianze e le relative documentazioni dovevano segnare, una volta per sempre, il confine tra l’abisso ed il riscatto da un periodo vergognoso. Così non è stato, così non è, anzi la cronaca giornaliera riporta, sempre più di frequente, episodi di razzismo contro gli ebrei o, comunque, contro le persone considerate “diverse” con qualche pretesto, mentre il linguaggio del risentimento, del rancore, dell’odio, sembra trovare sempre nuovi sostenitori. In questo clima poco rasserenante la celebrazione della giornata della memoria per le vittime della Shoa e conseguentemente di tutte le vittime di discriminazione rappresenta un richiamo delle coscienze. Ricordare le sofferenze è doloroso ma necessario, impattare nella memoria con le bassezze di uomini, aguzzini di altri uomini, crea sgomento ma lo si deve. Per questo stesso motivo è necessario trovarsi di fronte materialmente alle pietre d’inciampo di cui anche alcune città marchigiane sono disseminate, a cominciare da Ancona, sede di una storica comunità ebraica».

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