JESI- 5 luglio 1982, stadio di Barcellona, Italia-Brasile. In palio c’è la qualificazione alla semifinale della Coppa del Mondo. Reduce dalla vittoria sull’Argentina, la nazionale azzurra guidata dal ct Bearzot è costretta a superare il Brasile di Zico, favoritissimo per la vittoria del torneo, per passare. Agli avversari basta un pareggio per mantenersi in vetta. “Pablito” Rossi segna una tripletta che apre le porte al successo azzurro e lo fa diventare “eroe nazionale”. Ma non basta, il vantaggio del 3-2 va mantenuto, perché agli avversari basta un pareggio per mantenersi in testa alla classifica, in virtù del maggior numero di gol segnati. Minuto 89, punizione dalla sinistra per il Brasile, con uno stacco di testa il difensore centrale, Oscar, indirizza la palla verso l’angolino sinistro della porta dell’Italia. In una frazione di secondo, il portiere azzurro Dino Zoff inchioda il pallone sulla riga di porta. Pochi giorni dopo, è vittoria (2-0) sulla Polonia, fino all’epico 3-1 contro la Germania Ovest grazie al quale l’Italia conquista il suo terzo titolo mondiale.
C’è molto di Dino Zoff in questa progressione fantastica verso la vetta dei Mondiali di Spagna, ma soprattutto c’è quella parata leggendaria del 5 luglio, un evento di cui quest’anno si celebra il quarantennale. Zoff scandì i tempi di un’impresa definita dall’arbitro Abraham Klein «la partita più bella del secolo», ed è lui che ancora oggi, a 80 anni compiuti, è dipinto come il più grande portiere della storia del calcio italiano, se non «il più grande portiere di tutti i tempi», come ebbe a dire Trapattoni.
Campione, atleta rispettato, che ha trasformato il ruolo più misterioso del calcio in una filosofia di vita, volto serio stampato nella memoria di tanti tifosi, Zoff è il protagonista della storia che apre il XXII Festival Pergolesi Spontini, stasera, sabato 3 settembre alle ore 21 al Teatro Pergolesi. La storia la racconta l’attrice Pamela Villoresi, con le parole dello scrittore Giuseppe Manfridi che ha curato i testi dello spettacolo “Il silenzio in cima al mondo (i voli di Zoff nel cielo di Spagna ‘82)”, adattamento teatrale di un suo libro di successo, Tra i legni (TEA, 2022). A sottolineare le emozioni in campo sono le musiche dei compositori Cristian Carrara e di Marco Attura, eseguite dl vivo Isabella Lozzi al flauto, Diego Di Palo al contrabbasso, Marco Salvetti alla fisarmonica. Lo spettacolo-concerto è una nuova produzione della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con Associazione Mittelfest di Cividale del Friuli.
Ricorrenza nella ricorrenza, con questo spettacolo Pamela Villoresi celebra i suoi 50 anni di carriera teatrale. Formatasi, tra gli altri, con il grande Giorgio Strehler (che considera il suo padre teatrale), l’attrice pratese ha recitato in più di 60 spettacoli collaborando con grandi nomi del teatro italiano, tra cui Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Mario Missiroli, Giancarlo Cobelli e Maurizio Panici; ha lavorato in otto sceneggiati televisivi e in 36 film con grandi maestri come Marco Bellocchio, i fratelli Taviani, Giuseppe Ferrara, Michele Placido e Paolo Sorrentino, che l’ha diretta ne La Grande Bellezza, Premio Oscar 2014 come miglior film straniero. Ha vinto numerosi premi tra cui due Maschere d’Oro, due Grolle D’oro, due premi Ubu (uno alla carriera e uno per la Pace) e la Medaglia d’Oro del Vaticano tra i cento artisti del mondo che favoriscono il dialogo con la Spiritualità. È direttrice artistica del Teatro Biondo di Palermo. Ed è una grande, grandissima sportiva. Sarà anche per questo che ama raccontare a teatro personaggi dello sport rimasti nel cuore degli italiani, tra cui – oltre Dino Zoff – anche Fausto Coppi.
Una vita per il Teatro e una radicata passione per lo sport, la sua. In questo spettacolo c’è tanto di Pamela Villoresi.
«Intanto devo dire che sono felice di essere stata coinvolta in questo spettacolo da uno scrittore che apprezzo molto, Giuseppe Manfridi, con il quale ho collaborato più volte e a cui ho commissionato diverse opere teatrali. Peraltro Manfridi è un grande appassionato di calcio, quindi è stato per me una garanzia oltre che un ottimo drammaturgo. e poi ci sono le musiche di Carrara e di Attura, belle ed evocative di quel mondo di confine in cui si è formato Zoff, e di quei ritmi sudamericani che riportano alla celebre partita Italia Brasile. Sì, amo molto raccontare le storie degli sportivi. La vita di Dino Zoff potrebbe essere il manifesto di una Italia di un tempo, diversa da quella di oggi che ha dimenticato la legge del merito. Era, la sua, un’Italia che ha saputo risollevarsi dalle macerie della guerra; lui da figlio di contadini, quindi da un punto di partenza umile, riuscì a diventare una delle stelle del mondo. Rappresenta questa Italia del merito, che ce la vuole fare, che raccatta le macerie e che si nutre di un sentimento di solidarietà… Non solo, pur nel suo ruolo di solitario (il portiere, lo dice il testo dello spettacolo, ha per nemica la partita, e quando si avvicinano alla porta anche un difensore della propria parte può essere un pericolo), Zoff ha dimostrato nel profondo cosa significa fare squadra. Un’altra cosa meravigliosa di lui è il saper tacere, la sua discrezione, in questo mondo di chiacchiere vane. Per me, il suo è un esempio straordinario da mostrare a tutti, e anche ai giovani che non l’hanno conosciuto direttamente nella sua carriera sportiva».
Anche lei è una sportiva.
«Lo sono ma non in maniera professionale. Faccio sport d’acqua, in maniera molto amatoriale pratico nuoto in acque libere, sub, ma soprattutto pratico canottaggio con gare anche nazionali. Ho di nuovo attraversato lo Stretto di Messina poco tempo fa. Questa estate ho fatto anche un Danubio a Remi Vienna-Budapest 300 km in sei giorni tra l’altro anche con un gruppo di atleti paralimpici che ci hanno fatto crescere moltissimo dandoci dritte straordinarie. Praticando lo sport, so cosa significa fare squadra, fare rete, aiutarsi e raggiungere traguardi insieme. Pratico canottaggio con un gruppo siciliano: abbiamo vinto i 500 sprint al Coastal Rowing nella categoria over 60, torneremo a gareggiare a Barletta a settembre. Abbiamo di nuovo un nazionale a Procida ai primi di ottobre. Dal canottaggio ho imparato tanto, ad esempio la forza delle donne, e della squadra: se noi compagne alziamo barche da 10 metri, è perché lo facciamo insieme, se miglioriamo e guadagniamo secondi in gara è perché remiamo con un unico respiro… coordinate, si può».
Zoff, lo ha mai incontrato?
«Ero ragazzina quando ne seguivo le gesta in tv, amavo il calcio e lui, poi, era un eroe… Indirettamente comunque ci siamo conosciuti, mandandoci dei messaggi durante la preparazione dello spettacolo. Lo ha incontrato tante volte Giuseppe Manfridi, che lo ha frequentato per anni prima di scrivere il libro “Tra i legni” da cui è stato tratto il testo della piéce; quando gli ha detto che avrei raccontato io la sua storia in teatro, Zoff ne è stato molto contento».
Che ricordo ha della partita Italia Brasile dell’82?
«Avevo 25 anni, mi ricordo benissimo di quei mondiali e di tutte le polemiche che ci furono. Tutti a dare addosso a Bearzot che aveva messo in squadra giocatori che non giocavano da diverso tempo, in primis Rossi reduce dal calcio scommesse, ed era anche poco allenato. Queste critiche furono così violente che fecero da collante nella squadra; la nazionale vinse perché restò unita».