Ogni giorno apprendiamo notizie di orribili episodi di violenza su animali. A volte gli autori sono adulti, altre volte adolescenti. Sono notizie che colpiscono profondamente perché gli animali sono creature fragili e indifese e i crimini contro di loro ci disgustano per la sproporzione del potere tra vittima e carnefice.
Ma oltre a indignarci per la sofferenza degli animali coinvolti, dobbiamo anche cogliere un chiaro campanello d’allarme sociale. La crudeltà verso gli animali è infatti riconosciuta come un forte predittore di altri crimini contro le persone e si manifesta già in giovane età. Bambini e adolescenti che compiono violenze sugli animali hanno una maggiore probabilità di avere da adulti comportamenti pericolosi e criminali. Anche se non tutti coloro che maltrattano gli animali da piccoli sviluppano poi condotte devianti verso le persone, gli studi evidenziano che, tra coloro che da adulti hanno commesso crimini, la maggior parte, se non la totalità, ha precedenti di grave violenza su animali.
In particolare, emerge una forte correlazione tra maltrattamento di animali, violenza su donne e minori e stalking. Per inciso, la quasi totalità (94%) dei soggetti che compiono violenza su animali è di sesso maschile. La crudeltà sull’animale domestico, agita o minacciata, è usata ad esempio per indurre la donna a restare e non chiudere una relazione, o come ritorsione o vendetta. Molte donne maltrattate esitano a lasciare la casa per non abbandonare l’animale di affezione nelle mani del partner abusante, temendo che le minacce vengano messe in atto.
Il maltrattamento di animali è quasi sempre il primo step nella carriera di autori di omicidi, in un’escalation che passa per scippi, rapine, aggressioni fisiche e sessuali, fino all’assassinio. È addirittura considerato il più valido predittore di futuri reati sessuali: uno studio ha rilevato che il 100% degli omicidi a sfondo sessuale era stato preceduto da comportamenti violenti verso gli animali.
Cosa induce una persona a torturare gli animali? Il comportamento si riscontra già nell’infanzia ed è correlato a disturbi psicopatologici, come il disturbo reattivo dell’attaccamento e il disturbo della condotta. Nel primo, il bambino presenta una modalità di relazione sociale inadeguata a causa di un accudimento patologico in cui i suoi bisogni sono stati trascurati. In questo contesto la violenza su animali può essere dovuta a incapacità a provare empatia immedesimandosi nella sofferenza di un altro, e alla mancanza di un’ educazione a riconoscere nell’animale un essere vivente dotato di diritti.
Il disturbo della condotta è caratterizzato da prepotenze, minacce, aggressioni verso oggetti e persone, violazione delle regole e dei diritti degli altri. Anche in questo caso il bambino è stato spesso oggetto di trascuratezza, abusi o emarginazione. L’animale è identificato come vittima ideale su cui scaricare rabbia e frustrazione in quanto indifeso. I bambini che maltrattano gli animali si sentono spesso insicuri e impotenti e recuperano un illusorio senso di potenza tormentando una vittima inerme o mostrandosi forti e sprezzanti agli occhi di un gruppo di coetanei che assiste.
Anche al di fuori di conclamati disturbi psicopatologici e di situazioni di trascuratezza familiare, la generale difficoltà attuale di bambini e ragazzi a riconoscere le proprie emozioni e a empatizzare con quelle degli altri costituisce un fattore di rischio per la messa in atto di comportamenti violenti sugli animali.
Individuare questi comportamenti nei bambini e agire tempestivamente permette non solo di salvare da inutili sofferenze animali indifesi, ma anche di evitare l’escalation verso altre forme di violenza e criminalità nei confronti degli esseri umani.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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