JESI – Imprenditori si nasce. Imprenditori si muore. Gennaro Pieralisi lo ripeteva in ogni occasione. Per lui era una missione di vita. E così è stato. L’ingegnere 82enne si è spento questa mattina 6 novembre all’ospedale di Pesaro, dove era stato ricoverato a seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Lascia il figlio Gabriele, i nipoti e i tanti amici e collaboratori che lo conoscevano e con i quali ha costruito un’azienda che, dalla zona industriale di Jesi, ha conquistato il mondo. Doveva sottoporsi a un intervento chirurgico e, nell’ambito dell’attuazione dei protocolli sanitari di ingresso, il tampone Covid era risultato positivo. Quindi il peggioramento e il decesso.
Nato a Monsano nel 1938, Pieralisi si è laureato in ingegneria meccanica all’Università di Pisa nel 1965, iniziando subito l’attività nell’azienda di famiglia. Grazie allo sviluppo della nuova tecnologia per la produzione dell’olio di oliva attraverso la centrifugazione nel processo di estrazione, il Gruppo è diventato leader nel mondo per la costruzione e la commercializzazione di impianti oleari e macchine per la separazione di un solido da un liquido, applicate anche nel settore lattiero-caseario, saccarifero, enologico e industriale (in particolare nel settore dell’ecologia e della raffineria). Nel 1999 è stato insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica, mentre nel 2003 ha ricevuto la laurea honoris causa in scienze e tecnologie agrarie dall’Università Politecnica delle Marche. Innumerevoli gli incarichi ricoperti fra associazioni industriali, fondazioni culturali ed enti di sviluppo.
Ricordava sempre, con grande orgoglio, la storia aziendale, la sua “prima” casa. «Tutto è partito da mio nonno, Adeodato Pieralisi, a Santa Maria di Monsano. Era il fabbro del Paese, ma si occupava un po’ di tutto. Si era specializzato nella costruzione di macchine trebbiatrici, oltre ad avere un oleificio in casa e il mulino per il grano. Poi arrivò il secondo conflitto bellico, la distruzione. Tutto ciò che era stato costruito con fatica venne spazzato via. Ma ci fu la forza di ripartire. Mancavano i mezzi agricoli per lavorare la terra, così mio padre e i fratelli acquistarono alcuni cingolati di guerra facendoli diventare, grazie all’inventiva, alle competenze e alla determinazione, macchine di pace. Per la precisione, trattori. Ciò permise di ricostruire un po’ di quel benessere che ci era stato portato via. Le macchine per l’estrazione dell’olio d’oliva arrivarono subito dopo».
Nel 2017 ha realizzato uno dei suoi sogni più ambiziosi: l’inaugurazione del museo multimediale dedicato a Federico II nell’omonima piazza di Jesi, finanziato con un milione di euro di tasca propria. Lo scorso luglio, invece, DeA Capital ha acquisito la maggioranza del Gruppo Pieralisi Maip: la famiglia ha mantenuto una partecipazione nel capitale del 49%. «L’operazione perfezionata – spiegava l’ingegnere – rappresenta un passo importante per l’azienda, per i soci storici e soprattutto per tutte le maestranze. Abbiamo diversi dipendenti di terza generazione che lavorano per la nostra azienda, ed io ne ricordo la prima».
«La scomparsa dell’ing. Gennaro Pieralisi è una triste notizia per la città di Jesi e non solo per essa – afferma il sindaco Massimo Bacci -. Per decenni alla guida di un gruppo leader mondiale nella produzione di macchine olearie e dei processi di separazione industriale, ha saputo sempre anticipare i tempi con intuizioni di avanzata innovazione tecnologica, sviluppando prodotti che sono presenti oggi in tutti e cinque i continenti.Per il nostro territorio, che amava profondamente, ha rappresentato un fondamentale punto di riferimento in termini di sviluppo economico, occupazione oltre che di mecenatismo distribuito generosamente su più settori: sociale, culturale, sportivo. Al figlio Gabriele ed ai congiunti tutti esprimiamo i sensi di profondo cordoglio».
È morto da imprenditore, insomma, come ha sempre desiderato. «Personalmente – ci disse in un’intervista Gennaro Pieralisi -, ho dato la mia vita per svolgere questo mestiere. Di tempo libero ne ho avuto sempre poco, ma non mi lamento. Sono soddisfatto di quanto ho fatto. Noi industriali siamo i soli a non andare in pensione. Con la tigna, e malgrado le criticità di questo Paese, restiamo nell’arena. E lì moriremo».