MONTE SAN VITO – «Sappiamo bene che chi, come noi, fa agricoltura biologica non va d’accordo con gli Ogm, anche per definizione visto che è la stessa legge sul biologico a vietarne la presenza. Succede che presto, sapremo se l’Italia, dopo vent’anni di ferma opposizione agli Ogm, avrà ceduto alle lusinghe ipnotiche degli incantatori di serpenti». Queste le parole dell’imprenditrice marchigiana Francesca Petrini, da anni nel settore dell’olio e del biologico con l’azienda Fattoria Petrini, per commentare quello che in queste ore si sta discutendo alla Camera, ovvero la possibilità di usare tecniche di miglioramento genetico in agricoltura.
Petrini poi ricorda alcuni fatti e passaggi. Il 28 dicembre 2020, la Commissione Agricoltura del Senato ha espresso parere favorevole su quattro decreti proposti dalla Ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova permettendo di fatto la sperimentazione in campo (non tracciabile) di varietà di sementi e materiale di moltiplicazione ottenuti con le NBT, New Breeding Techniques cioè le “nuove tecniche di miglioramento genetico”. «Per la cronaca, – spiega Petrini – queste sono state riconosciute Ogm nel 2018 grazie ad una sentenza della Corte Europea di Giustizia pertanto devono sottostare alle normative europee esistenti in materia. Ma non solo, questi decreti finiscono per avvantaggiare – da un punto di vista industriale – solo un numero ristrettissimo di imprese sementiere, mentre avranno un impatto sicuro non solo sui sistemi agrari del paese ma anche sull’industria agroalimentare, comprese quindi le produzioni bio, Dop, Igp e Stg».
Si va dunque a colpire «un’economia (oltre 4,3 miliardi di euro il valore del bio e 16 miliardi quello dei prodotti a denominazione di origine), il nostro sistema agroalimentare, che nonostante tutto, dopo la crisi del 2008 e oggi quella pandemica, ha sempre dimostrato di saper resistere e farsi valere nel mondo anche in virtù della sua riconosciuta qualità Ogm free. Ebbene tutto questo sarà forse messo in gioco, forse buttato all’aria, senza che vi sia mai stato in Italia un dibattito serio sul tema», spiega Petrini.
Che prosegue. «Non bastano evidentemente le motivazioni oggettive al No Ogm (non ideologiche) di gran parte del mondo scientifico indipendente che basandosi sulle teorie dell’evoluzione, suggeriscono di astenersi dal consentirne l’uso in agricoltura. Infatti né gli Ogm né le nuove tecniche (NBT) rappresentano una risposta efficace per combattere quegli organismi che si intendono controllare come i parassiti. Vale uno dei principi fondamentali della biologia secondo il quale se l’ambiente che circonda gli organismi viventi cambia, quegli stessi organismi avranno due possibilità: si estinguono o si evolvono per adattarsi al nuovo ambiente. La storia ci insegna (forse non basta più neanche questa) – prosegue – che se quegli organismi hanno sufficiente diversità genetica, si evolvono e così fanno insetti e erbe infestanti. “Quindi la maggior parte degli Ogm è destinata a combattere un nemico, le erbe infestanti, che secondo la Weed Science Society of America – in base a quanto riferisce il professor Salvatore Ceccarelli – hanno una straordinaria capacità di evolvere resistenza”. Dunque sul fatto che gli Ogm non rappresentassero quantomeno una soluzione durevole al problema dei parassiti l’avevamo capito ma sull’insidiosità delle NBT ancora poco si sa».
Alcune pubblicazioni parlano infatti di effetti collaterali indesiderati dovuti all’insorgenza di mutazioni inattese a seguito dell’uso del gene editing utilizzando CRISP-Cas9. «Anche assumendo che queste nuove tecniche dovessero migliorare in precisione e senza effetti collaterali, si ritroverebbe comunque la stessa fragilità degli Ogm basata sul concetto della portata della capacità evolutiva dell’organismo che si intende controllare creando di fatto le condizioni per il riemergere di una razza resistente. Se, al contrario, si vuole parlare di sostenibilità vera, non si può ignorare la portata benefica dell’agricoltura biologica per numerose ragioni. La ragione delle ragioni è sicuramente rappresentata dalla tutela della biodiversità con un 30% in più di specie custodite da parte delle aziende bio che lavorano terreni più resilienti grazie alle maggiori biomassa e stabilità rappresentando una forma di protezione importante in anche in caso di siccità e inondazioni. Persino l’Onu ha riconosciuto nell’agricoltura biologica un modello di produzione e consumo più sostenibile, alla base della sicurezza alimentare. Nelle Marche dovremmo anche andarne oltremodo fieri visto che l’agricoltura biologica, nata e tutelata già a livello regionale nel 1990, rappresenta oggi il 20% delle terre coltivate contro una media europea ferma all’8% e un numero sempre maggiore di aziende (quasi 3.000) capaci di competere a ritmo di biodiversità», spiega l’imprenditrice.
Che conclude: «Esprimere dunque un no agli Ogm o alle Nbt non significa essere contrari alla scienza né al progresso, significa rispettare gli ecosistemi, la biodiversità che è già risposta ai cambiamenti climatici nel segno della più ampia sostenibilità. Ci auguriamo quindi che il pronunciamento della Camera possa invece confermare la posizione storica del nostro paese contro gli Ogm nella direzione di una vera e riconoscibile transizione ecologica volta a difendere la salute, l’ambiente e la sopravvivenza della tradizione agricola italiana».