Jesi-Fabriano

Alessandro Speziali: «Fame e organizzazione: questa Rugby Jesi ’70 mi piace»

Intervista al nuovo tecnico della società leoncella, fra programmi, lavoro e la palla ovale come una seconda pelle. «In questi mesi tutti abbiamo capito cosa è per noi questo sport e sentito quanto ci è mancato il campo»

Da sinistra Mariano Fagioli, il tecnico della prima squadra Alessandro Speziali e il presidente Luca Faccenda

JESI – Da due settimane è nella sua nuova “casa” rugbistica. Determinati, lui e il Rugby Jesi ’70, a crescere insieme. Alessandro Speziali, 33 anni, è il nuovo tecnico della Seniores maschile leoncella, con cui ha già iniziato a lavorare.

Quale impatto, in queste prime settimane?
«Un impatto molto positivo, ho trovato un ambiente veramente stimolante. Tutti i ragazzi, i dirigenti, il presidente mi hanno mostrato una realtà molto accogliente. E la squadra non è da meno. In questa fase stiamo lavorando con tre allenamenti alla settimana, in collaborazione con i preparatori Stefano Morini e Andrea Donninelli. Per ora tre sedute che, secondo il piano che abbiamo fatto, in seguito diventeranno quattro non appena avremo notizie più certe sulla situazione e sull’inizio del campionato. C’è la volontà di migliorare gli ottimi risultati che squadra e società sono riusciti ad ottenere sino qui. E c’è entusiasmo: i numeri delle presenze agli allenamenti non sono mai scesi al di sotto delle 25 persone. C’è una squadra importante, dove stiamo cominciando a inserire i ragazzi della Under 18, nati nel 2001 e nel 2002».

Alessandro Speziali, nuovo tecnico del Rugby Jesi ’70, al Perugia

Chi è Alessandro Speziali e come è arrivato al rugby?
«Mio padre era nell’ambiente, io ho iniziato a giocare da piccolino a Perugia, all’età di sei anni. Da lì ho fatto a Perugia tutta la trafila delle giovanili, con qualche apparizione nelle selezioni nazionali dalla Under 15 alla Under 19, e poi la prima squadra. A 25 anni, principalmente per una questione di impegni lavorativi, ho smesso di giocare ma già a 18 anni avevo iniziato, appena è stato possibile in termini di età, ad allenare: il minirugby, le giovanili e quindi la serie C, la A, la serie B quando poi con il Perugia abbiamo vinto il campionato e siamo riusciti a ritornare in A. E ora, Jesi».

Cosa è nella tua vita il rugby?
«Semplicemente la trasposizione sul campo di una vita normale ma senza tutti i problemi che la vita normale ti fa affrontare. E tutti quanti ci siamo accorti di quanto ci mancasse il campo, ora che negli ultimi mesi non l’abbiamo potuto frequentare. Lì abbiamo capito cosa è per noi per questo sport: alcuni hanno smesso, per altri – almeno per me- si è rivelata una seconda pelle».

Un allenatore giovane che ha iniziato, sin da giovanissimo, a fare da guida degli altri. Come lo vivi?
«All’interno di una squadra tante sono le dinamiche in atto e una parte importante nell’affrontarle la fanno i senatori, gli “anziani” del gruppo. Coinvolgere chi gioca da più tempo e far loro capire quale guida possano rappresentare per i ragazzi che salgono dalle giovanili è il compito che spetta a me. Con noi abbiamo già dodici elementi sotto i vent’anni, debbo metterli in condizione di crescere e migliorare in collaborazione con tutto lo staff e i giocatori più grandi, con il peso della loro esperienza».

Cinquant’anni di storia ma una società dall’entusiasmo giovane: che impressione offre il Rugby Jesi ’70 a chi la conosce?
«Quella di una società estremamente organizzata e molto radicata sia nel territorio sia nei suoi praticanti: tanto gli Old quanto i giovani sentono addosso la maglia e questo per una realtà rugbistica è un punto di forza che fa sì che le cose funzionino bene. Forse poteva esserci a questo punto il bisogno di una voce esterna che potesse portare qualche cosa di diverso rispetto a quello che si era fatto sin qui. E poi sono molto contento perché questa è una società che ha fame, tanta fame. E quando una società ha fame ed è organizzata, i risultati arrivano».